Pronunciamento non magisteriale
Documento Dicasteriale
23. L’applicazione all’uomo di biotecnologie desunte dalla fecondazione di animali, ha reso possibili diversi interventi sulla procreazione umana, sollevando gravi questioni di liceità morale. « Le varie tecniche di riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono la porta a nuovi attentati contro la vita ».59
Per quanto riguarda la cura dell’infertilità, le nuove tecniche mediche devono rispettare tre beni fondamentali: a) il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento fino alla morte naturale; b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro; c) i valori specificamente umani della sessualità, che « esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi ».60
Tale atto personale è l’intima unione d’amore degli sposi, i quali donandosi totalmente a vicenda, donano la vita. È un unico e indivisibile atto, insieme unitivo e procreativo, coniugale e parentale, « espressione del dono reciproco che, secondo la parola della Scrittura, effettua l’unione “in una carne sola” »:61 esso costituisce il centro sorgivo della vita.
24. L’uomo non può disattendere i significati e i valori intrinseci alla vita umana fin dal suo sorgere. La dignità della persona umana esige che essa venga all’esistenza come frutto dell’atto coniugale. L’amore coniugale, infatti, esprime la sua fecondità nella generazione della vita attraverso l’atto che riflette e incarna le dimensioni unitive e procreative dell’amore degli sposi.
Ogni mezzo e intervento medico, nell’ambito della procreazione, deve avere una funzione di assistenza e mai di sostituzione dell’atto coniugale. Infatti « il medico è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. L’intervento medico è rispettoso della dignità delle persone quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto. Al contrario, talvolta accade che l’intervento medico tecnicamente si sostituisca all’atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in questo caso l’atto medico non risulta, come dovrebbe, al servizio dell’unione coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro ».62
25. Sono certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale63 o destinati unicamente sia a facilitare l’atto naturale, sia a procurare il
raggiungimento del proprio fine all’atto naturale normalmente Può essere questo il caso dell’inseminazione artificiale omologa, all’interno del matrimonio con seme del coniuge, quando questo è ottenuto attraverso il normale atto coniugale e si rispetta la continuità temporale fra atto coniugale e concepimento.64 
26. Sono illecite le tecniche omologhe di fertilizzazione in vitro e trasferimento dell’embrione (FIVET), nelle quali il concepimento non avviene nella madre, ma al di fuori di essa, in vitro, ad opera di tecnici, che ne determinano le condizioni e ne decidono l’attuazione.65
« In se stessa » la tecnica extracorporea « attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dell’atto coniugale », atto « inscindibilmente corporale e spirituale ».66 La fecondazione, infatti, non è « di fatto ottenuta né positivamente voluta come l’espressione e il frutto di un atto specifico dell’unione coniugale »,67 ma come il “risultato” di un intervento tecnico. Essa risponde non alla logica della “donazione”, che connota il generare umano, ma della “produzione” e del “dominio”, propria degli oggetti e degli effetti. Qui il figlio non nasce come “dono”
d’amore, ma come “prodotto” di laboratorio.68
In questi casi, infatti, l’uomo « non considera più la vita come uno splendido dono di Dio, una “realtà” sacra affidata alla sua responsabilità e quindi alla sua amorevole custodia, alla sua “venerazione”. Essa diventa semplicemente “una cosa”, che egli rivendica come sua esclusiva proprietà, totalmente dominabile e manipolabile ».69