Pronunciamento non magisteriale
discorso
Cari fratelli e sorelle,
do il mio benvenuto a tutti voi che prendete parte al Congresso della Società italiana di chirurgia oncologica, promosso dall’Università La Sapienza di Roma e dall’ospedale Sant’Andrea. Nell’accogliere voi, penso a tutti gli uomini e le donne che voi curate, e prego per loro.
La ricerca scientifica ha moltiplicato le possibilità di prevenzione e cura, ha scoperto terapie per il trattamento delle più varie patologie. Anche voi lavorate per questo: un impegno di alto valore, per dare risposta alle attese e alle speranze di molti malati in tutto il mondo.
Ma perché si possa parlare di salute piena è necessario non perdere di vista che la persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, è unità di corpo e spirito. I greci erano più precisi: corpo, anima e spirito. E’ quell’unità. Questi due elementi si possono distinguere ma non separare, perché la persona è una. Dunque anche la malattia, l’esperienza del dolore e della sofferenza, non riguardano solo la dimensione corporea, ma l’uomo nella sua totalità. Da qui l’esigenza di una cura integrale, che consideri la persona nel suo insieme e unisca alla cura medica – alla cura ‘tecnica’ – anche il sostegno umano, psicologico e sociale, perché il medico deve curare tutto: il corpo umano, con la dimensione psicologica, sociale e anche spirituale; e l’accompagnamento spirituale ed il sostegno ai familiari del malato. Perciò è indispensabile che gli operatori sanitari «siano guidati da una visione integralmente umana della malattia e sappiano attuare un approccio compiutamente umano al malato che soffre» (Giovanni Paolo II, Motu Proprio Dolentium hominum, 11 febbraio 1985).