Pronunciamento non magisteriale
Discorso ai partecipanti all’VIII Convegno mondiale delle comunità terapeutiche
Salone degli Svizzeri - Castel Gandolfo
Cari signori!
1. Mi è sommamente gradito questo incontro con voi, alla conclusione dell’ottavo congresso mondiale delle comunità terapeutiche. Vi ringrazio della vostra visita e vi porgo il mio benvenuto, nel quale sono certo vorrete subito ravvisare la mia considerazione per la benemerita opera che le vostre istituzioni vanno svolgendo per la soluzione di un problema tanto complicato e pressante del nostro tempo.
Più volte, in questa residenza estiva, ho ricevuto schiere di giovani – ospiti, operatori e animatori – di comunità terapeutiche, ed ho intessuto con essi spontanei colloqui, dei quali porto nel cuore amabili ricordi.
Ora sono lieto di accogliere voi, distinti signori che, per la scelta di vocazione per lo più volontaria, siete protagonisti e testimoni dell’impegno di redenzione del drammatico fenomeno della droga, giunto purtroppo a espressioni acute della sua implacabile devastazione sia negli individui che nella società.
2. Il congresso mondiale, che avete appena celebrato, assume un notevole significato, adombrato già nel tema generale: “La comunità terapeutica che cambia in un mondo che cambia”.
Dal programma dei lavori ho appreso che vi siete prefissi di approfondire numerosi aspetti della vasta e complessa problematica, spaziando dall’aspetto psicologico a quello giuridico, sanitario, educativo, religioso, dal campo personale a quello familiare, alle esigenze spirituali e morali, fissando l’attenzione sui vari risvolti operativi, atti a sempre meglio qualificare e vivificare l’azione delle comunità terapeutiche.
L’alto grado di professionalità, la lunga esperienza maturata e l’incessante vivacità dell’impulso animatore vi sono certamente valsi ad arricchire la base scientifica, alla quale tenere ancorati i vostri interventi diversificati.
Vi auguro di cuore che queste giornate romane segnino una tappa rilevante nella storia del vostro movimento. Auspico in particolare che sia coronata dal miglior successo la vostra volontà di adeguare i programmi all’evoluzione del fenomeno della droga contestualmente con le trasformazioni che caratterizzano la realtà, in cui quel fenomeno nidifica e si diffonde. Possiate veramente camminare, come desiderate, sul ritmo del tempo, al fine di assolvere corrispondentemente la vostra generosa missione.
3. Puntando e tenendo instancabilmente fisso l’obiettivo sul “valore uomo”, le comunità terapeutiche, pur nella varietà delle loro fisionomie, hanno dimostrato di essere una formula buona.
Si sono rivelate infatti un’esperienza vitale ricca di frutti tanto maggiori, se raffrontati con le sempre incombenti e gravi difficoltà.
Per affrontare la droga non servono né lo sterile allarmismo né l’affrettato semplicismo. Vale invece lo sforzo di conoscere l’individuo e comprenderne il mondo interiore; portarlo alla scoperta o alla riscoperta della propria dignità di uomo; aiutarlo a far risuscitare e crescere, come soggetto attivo, quelle risorse personali, che la droga aveva sepolto, mediante una fiduciosa riattivazione dei meccanismi della volontà, orientata verso sicuri e nobili ideali.
Con questa formula, oltre a restituire molti soggetti alla pienezza della loro libertà, è stato accumulato un patrimonio prezioso. Si è potuta avere un’idea più aderente alla vera identità del drogato, alle molteplici cause ed effetti della sua dipendenza dalla droga. È stata accertata l’infondatezza di numerosi pregiudizi, non ultimo dei quali l’equiparazione generalizzata col delinquente. Soprattutto è stata concretamente provata la possibilità di recupero e di redenzione dalla pesante schiavitù, ed è significativo che questo sia avvenuto con metodi che escludono rigorosamente qualsiasi concessione di droghe, legali o illegali, a carattere sostitutivo.
Sono acquisizioni di grande rilievo e di validità incontestabile, dalle quali non sarebbe saggio prescindere.
4. Oggi il flagello della droga imperversa in forme crudeli e in dimensioni impressionanti, superiori a molte previsioni.
Tragici episodi denotano che la sconvolgente epidemia conosce le più ampie ramificazioni, alimentata da un turpe mercato, che scavalca confini di nazioni e di continenti.
In tal modo continua a crescere il pericolo per i giovani e gli adolescenti. Ma le implicazioni velenose del fiume sotterraneo e le sue connessioni con la delinquenza e la malavita sono tali e tante da costituire uno dei principali fattori della decadenza generale.
Di fronte a un male così dilagante, sento il bisogno di manifestare il mio profondo dolore e la mia acuta preoccupazione.
Dolore: per la falcidia di vittime, talvolta solo in parte colpevoli, comunque degne di miglior sorte, per l’impoverimento che deriva alla compagine umana dalla perdita di valide e sane energie; per il fatale oscuramento di ideali che, viceversa, meriterebbero la più ardente carica di entusiasmo.
Preoccupazione: per la gioventù, la più vulnerabile e inevitabilmente la più esposta a tetre spirali; per la famiglia, la scuola, i gruppi, le associazioni, divenuti inconsapevole bersaglio di profittatori privi di qualsiasi senso di dignità e di onore. Preoccupazione per l’oggi e il domani della nostra civiltà, la quale, se non saranno tempestivamente approfonditi i necessari rimedi, correrà i rischi di penoso contagio che peserà a lungo sulle generazioni.
5. Nelle presenti circostanze è diventato quanto mai urgente ciò che il mio predecessore Paolo VI additava alcuni anni or sono: “È indispensabile – egli diceva nel 1972 – mobilitare l’opinione pubblica mediante una chiara e precisa informazione sulla natura e sulle conseguenze vere e micidiali della droga, contro quei malintesi, che vanno circolando sulla sua presunta innocuità e sui suoi benefici influssi” (Insegnamenti di Paolo VI, X [1972] 1286).
Tutti gli organismi della società sono obbligati a questa mobilitazione intelligente e lungimirante, nell’esercizio delle proprie responsabilità e nell’ambito delle proprie competenze, anche con iniziative specifiche. Lo sono in particolare i mass-media, in obbedienza alle finalità e alle possibilità formative dei loro strumenti.
In questo contesto desidero mettere in evidenza il grande spazio che la delicata materia offre ai mezzi cattolici della comunicazione sociale. Né posso non menzionare il ruolo che incombe alla scuola cattolica, come espressione della sua spiccata indole educativa.
Si tratta di favorire – quando addirittura non di avviare ex novo – una nuova mentalità, che sia essenzialmente positiva, ispirata ai grandi valori della vita e dell’uomo.
È un obiettivo immenso, da raggiungere col tenace impegno di ogni giorno, con chiarezza di idee e decisione di propositi.
6. Che dire dell’oscuro fronte dell’offerta di droga? Dei grandi serbatoi e delle migliaia di rivoli attraverso cui scorre il traffico nefando? Delle colossali speculazioni e degli ignobili legami con la criminalità organizzata?
Ogni serio proposito preventivo a largo raggio postula interventi atti a prosciugare le sorgenti e arrestare i percorsi di questa fiumana di morte.
La lotta alla droga è un grave dovere connesso con l’esercizio delle pubbliche responsabilità. Occorre, come prospettava Paolo VI, affrontare il problema alle radici con una vasta azione nei campi della prevenzione e della cura (Insegnamenti di Paolo VI, XIV [1976] 963).
Nella sfera della concertazione tra nazioni e di organismi soprannazionali come nelle legislazioni e nelle normative a livello nazionale, occorrono severe disposizioni che scoraggino in partenza l’infame traffico, e contemporaneamente altre disposizioni destinate al recupero di chi è rimasto impigliato nella dolorosa schiavitù. La distinzione tra delinquente e vittima deve essere nitida, tale da impedire ogni grossolano equivoco.
A questo punto mi sia consentito di ripetere con rinnovata energia quanto affermai il 27 maggio scorso nell’incontro con la comunità terapeutica San Crispino di Viterbo: “La droga non si vince con la droga”.
La droga è un male, e al male non si addicono cedimenti. Le legalizzazioni anche parziali, oltre ad essere quanto meno discutibili in rapporto all’indole della legge, non sortiscono gli effetti che si erano prefisse. Un’esperienza ormai comune ne offre la conferma.
Prevenzione, repressione, riabilitazione: ecco i punti focali di un programma che, concepito e attuato nella luce della dignità dell’uomo, sorretto da correttezza di relazioni tra i popoli, riscuote la fiducia e l’appoggio della Chiesa.
7. Ho parlato di una mentalità nuova, essenzialmente positiva. È ciò che deve stare intensamente a cuore a tutte le componenti del tessuto ecclesiale e a tutte le persone di buona volontà, veramente preoccupate e sensibili ai valori squisitamente spirituali.
Coltivare tali valori è il segreto per togliere terreno alla gramigna della droga.
Come dicevo in un’omelia ai membri del Centro italiano di solidarietà: “L’uomo ha un bisogno estremo di sapere se merita nascere, vivere, lottare, soffrire e morire, se ha valore impegnarsi per qualche ideale superiore agli interessi materiali e contingenti, se, in una parola, c’è un “perché” che giustifichi la sua esistenza terrena” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II/2 [1979] 107).
Gli ideali puramente umani e terreni quali l’amore, la famiglia, la società, la patria, la scienza, l’arte, eccetera, pur avendo una fondamentale importanza nella formazione dell’uomo, non sempre, per vari motivi contingenti, riescono a dare un significato completo e definitivo all’esistenza. È necessaria la luce della trascendenza e della rivelazione cristiana. L’insegnamento della Chiesa, ancorato alla parola indefettibile di Cristo, dà una risposta illuminante e sicura agli interrogativi sul senso della vita, insegnando a costruirla sulla roccia della certezza dottrinale e sulla forza morale che proviene dalla preghiera e dai sacramenti. La serena convinzione dell’immortalità dell’anima, della futura risurrezione dei corpi e della responsabilità eterna dei propri atti è il metodo più sicuro anche per prevenire il male terribile della droga, per curare e riabilitare le sue povere vittime, per fortificare nella perseveranza e nella fermezza sulle vie del bene.
Accogliete, cari signori, queste riflessioni che vi potranno essere di aiuto nella vostra nobile fatica, con la mia paterna e incoraggiante benedizione apostolica.