Seconda parte
EVANGELIZZAZIONE E SACRAMENTO DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI
I. RILIEVO DI SITUAZIONE
La speranza cristiana nel contesto della secolarizzazione
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118. Il fenomeno della secolarizzazione, nel quale vive il cristiano di oggi, non mette soltanto in
crisi la sua fede, ma, forse in modo ancora più profondo, scalfisce la sua speranza teologale, per la vita
presente e futura. Non sfuggono infatti alla crisi provocata dal secolarismo le realtà più grandi e
drammatiche della vita dell’uomo, quali la sofferenza, la malattia e la morte. Anzi, proprio a riguardo
di queste realtà si sta operando un cambiamento di mentalità e di sensibilità, che finisce per intacc are
il significato cristiano dell’esistenza umana.
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119. Un primo sintomo rivelatore di questo cambiamento è lo sforzo che si compie per nascondere
sia all’ammalato come alle persone che gli sono vicine qualsiasi segno della gravità del male e
soprattutto della morte. Anche nei paesi piccoli e a maggiore dimensione umana, scomparendo i segni
della società sacrale, viene attenuata – almeno esternamente – la drammaticità di tali eventi. Né questi
diventano, se non raramente, occasione di seria e profonda riflessione sui motivi di fondo
dell’esistenza umana e del suo ultimo destino.
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120. Nella stessa crisi di valori sono implicate le convinzioni dei familiari, del personale sanitario e
ospedaliero che, non comprendendo l’aspetto religioso e quindi l’ arricchimento spirituale della
malattia e della morte, tengono lontano il più possibile quei segni e aiuti della fede ai quali il credente
ammalato avrebbe diritto. Per questa mancanza l’infermo non ha sovente una diretta evangelizzazione
ed è privato del diritto di conoscere, in modo a lui proporzionato, la verità che lo riguarda.
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121. Il sacramento dell’unzione degli infermi viene a trovarsi in questo nuovo contesto
socio-culturale. In una società a regime rurale era richiesto quasi da tutti e veniv a celebrato con
devozione e rispetto. Certe forme esteriori che lo caratterizzavano erano un invito ad una solidarietà
cristiana con chi stava affrontando il momento più decisivo della propria vita. Al tempo stesso il clima
religioso e drammatico che si creava, imponeva una salutare riflessione sulla vita futura e sulla
necessità di prepararvisi seriamente.
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122. Oggi, in una società industrializzata e secolarizzata, molte cose sono cambiate sia sul piano del
costume che della mentalità. Nelle città il sacramento degli infermi viene ancora quasi sempre
richiesto, ma è normalmente amministrato, negli ospedali, nelle cliniche o nelle case private, solo
negli ultimi istanti di vita. Il tutto è ristretto ai pochi familiari presenti: favorendo così una conce zione
privatistica dell’evento sacramentale e accentuando nei confronti della comunità la solitudine e
l’anonimato della morte. In questa prospettiva è significativo notare come il sacramento degli infermi
abbia finito per diventare quel sacramento dei “moribondi”, che si dà quando non c’è più niente da
fare.
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123. D’altra parte il sollievo corporale o addirittura la guarigione, che si domanda al Signore
nell’unzione degli infermi, è considerata dai più come effetto possibile della scienza medica.
L’invocare Dio come “terapeuta”, come colui che può compiere cose che non sono in potere
dell’ingegno umano, sembra sconveniente e superstizioso ad un uomo che tende ormai a considerarsi
l’unico arbitro del proprio destino.
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124. Tuttavia la continua quotidiana esperienza dei limiti del potere umano, per l’individuo come per
la società, rivela a molti il carattere effimero delle speranze terrestri e li induce a nuovi ripensamenti e
aperture di fronte al messaggio cristiano.
Urgenza dell’evangelizzazione
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125. C’è pertanto tutta un’evangelizzazione sul significato della vita, della malattia, della sofferenza
e della morte, che va ripensata ed espressa in fedeltà ai dati della rivelazione e alla viva tradizione
della Chiesa. Si impone soprattutto che l’annuncio cristiano venga proclamato in tutta la pienezza e
globalità e non sia mutilato in ciò che esso afferma a riguardo della destinazione ultima della vita
umana, che dal battesimo fino all’unzione degli infermi è tutta inserita e dinamicamente ritmata nel
mistero pasquale di Cristo sofferente, morto e risuscitato.
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126. Il nuovo rito del sacramento degli infermi si presenta innanzitutto come un forte impegno di
evangelizzazione per la comunità cristiana e gli ammalati. La forma di evangelizzazione, però, che
comunemente si riesce ancor oggi a svolgere per gli ammalati, è compiuta dal sacerdote nelle visite
che egli fa ad essi e ai familiari. Laddove tuttavia il senso di fede è carente e a volte anche assente, il
sacerdote è impossibilitato dall’andare al di là di un rapporto puramente umano. Più che di
un’evangelizzazione vera e propria sul senso della malattia e della morte, si tratta pertanto, in quei
casi, di un’opera di pre-evangelizzazione, che non trova poi seguito e sostegno nell’impegno pastorale
delle nostre comunità.
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127. Ancora bisognoso di approfondimento, nella mentalità e nella prassi, appare il significato
specifico del sacramento degli infermi e il simbolismo proprio del gesto dell’unzione; né si riesce a
vedere e a trasmettere la ricchezza di messaggio e di senso nuovo che da esso si sprigiona.
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128. Solo una costante evangelizzazione sul destino ultimo dell’uomo, quanto mai urgente nella
situazione culturale e religiosa moderna, può rendere comprensibile il sacramento dell’unzione degli
infermi nel suo valore di segno e negli effetti che esso produce. Per dare senso alla vita dell’uomo di
oggi nelle sue immutate vicende di malattia, di dolore e di morte, è necessario il pieno annuncio di
Cristo morto e risorto per la nostra salvezza. La priorità dell’evangelizzazione riemerge perciò come
punto di partenza e di sostegno per un rinnovamento della pastorale degli infermi.

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