Documento magisteriale: il testo fa parte dei documenti con i quali la Chiesa custodisce e tramanda il suo insegnamento fondato sul depositum fidei
Dichiarazione
1. Una progressiva consapevolezza della centralità della dignità umana
10. Già nell’antichità classica[18] si profila una prima intuizione a riguardo della dignità umana, che procede da una prospettiva sociale: ogni essere umano viene rivestito di una dignità particolare, secondo il suo rango ed all’interno di un determinato ordine. Dall’ambito sociale, la parola è passata a descrivere la differente dignità degli esseri presenti nel cosmo. In questa visione, tutti gli esseri possiedono una loro “dignità” propria, secondo la loro collocazione nell’armonia del tutto. Certamente, alcune vette del pensiero antico iniziano a riconoscere un posto singolare all’essere umano, in quanto dotato di ragione e quindi capace di assumersi una responsabilità riguardo a se stesso e agli altri esseri nel mondo,[19] ma siamo ancora lontani da un pensiero capace di fondare il rispetto della dignità di ogni persona umana, al di là di ogni circostanza.
11. La Rivelazione biblica insegna che tutti gli esseri umani possiedono una dignità intrinseca perché sono creati a immagine e somiglianza di Dio: «Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” […] E Dio creò l’essere umano a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1, 26-27). L’umanità ha una qualità specifica che la rende non riducibile alla pura materialità. L’“immagine” non definisce l’anima o le capacità intellettive bensì la dignità dell’uomo e della donna. Entrambi, nel loro mutuo rapporto di uguaglianza e vicendevole amore, espletano la funzione di rappresentare Dio nel mondo e sono chiamati a custodire e coltivare il mondo. Essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa. La nostra dignità ci viene conferita, non è né pretesa né meritata. Ogni essere umano è amato e voluto da Dio per sé stesso e quindi è inviolabile nella sua dignità. Nell’Esodo, cuore dell’Antico Testamento, Dio si mostra come colui che ascolta il grido del povero, vede la miseria del suo popolo, si prende cura degli ultimi e degli oppressi (cf. Es 3, 7; 22, 20-26). Si ritrova lo stesso insegnamento nel Codice deuteronomico (cf. Dt 12-26): qui l’insegnamento sui diritti si trasforma in “manifesto” della dignità umana, in particolare a favore della triplice categoria dell’orfano, della vedova e del forestiero (cf. Dt 24, 17). Gli antichi precetti dell’Esodo vengono richiamati e attualizzati dalla predicazione dei profeti, i quali rappresentano la coscienza critica di Israele. I profeti Amos, Osea, Isaia, Michea, Geremia hanno interi capitoli di denuncia dell’ingiustizia. Amos rimprovera aspramente l’oppressione del povero, il non riconoscere al misero nessuna fondamentale dignità umana (cf. Am 2, 6-7; 4, 1; 5, 11-12). Isaia pronuncia una maledizione contro coloro che calpestano i diritti dei poveri, negando loro ogni giustizia: «guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri» (Is 10, 1-2). Questo insegnamento profetico è ripreso dalla letteratura sapienziale. Il Siracide equipara l’oppressione dei poveri all’omicidio: «uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, versa sangue chi rifiuta il salario all’operaio» (Sir 34, 22). Nei Salmi, il rapporto religioso con Dio passa attraverso la difesa del debole e del bisognoso: «difendete il debole e l’orfano, al povero e al misero fate giustizia! Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!» (Sal 82, 3-4).
12. Gesù nasce e cresce in condizioni umili e rivela la dignità dei bisognosi e dei lavoratori.[20] Nel corso del suo ministero, Gesù afferma il valore e la dignità di tutti coloro che portano l’immagine di Dio, indipendentemente dalla loro condizione sociale e dalle circostanze esterne. Gesù ha abbattuto le barriere culturali e cultuali, ridando dignità alle categorie degli “scartati” o a quelle considerate ai margini della società: gli esattori delle tasse (cf. Mt 9, 10-11), le donne (cf. Gv 4, 1-42), i bambini (cf. Mc 10, 14-15), i lebbrosi (cf. Mt 8, 2-3), gli ammalati (cf. Mc 1, 29-34), i forestieri (cf. Mt 25, 35), le vedove (cf. Lc 7, 11-15). Egli guarisce, sfama, difende, libera, salva. Egli è descritto come un pastore sollecito per l’unica pecora smarrita (cf. Mt 18, 12-14). Egli stesso si identifica con i suoi fratelli più piccoli: «ciò che avrete fatto al più piccolo dei miei, l’avrete fatto a me» (Mt 25, 40). Nel linguaggio biblico, i “piccoli” non sono solo i bambini di età, ma i discepoli indifesi, i più insignificanti, i reietti, gli oppressi, gli scartati, i poveri, gli emarginati, gli ignoranti, i malati, i declassati dai gruppi dominanti. Il Cristo glorioso giudicherà in base all’amore verso il prossimo che consiste nell’aver assistito l’affamato, l’assetato, lo straniero, il nudo, l’ammalato, il carcerato, con i quali egli stesso si identifica (cf. Mt 25, 34-36). Per Gesù, il bene fatto a ogni essere umano, indipendentemente dai legami di sangue o di religione, è l’unico criterio di giudizio. L’apostolo Paolo afferma che ogni cristiano deve comportarsi secondo le esigenze della dignità e del rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani (cf. Rm 13, 8-10), secondo il comandamento nuovo della carità (cf. 1Cor 13, 1-13).
Sviluppi del pensiero cristiano
13. Lo sviluppo del pensiero cristiano ha poi stimolato e accompagnato i progressi della riflessione umana sul tema della dignità. L’antropologia cristiana classica, basata sulla grande tradizione dei Padri della Chiesa, ha messo in rilievo la dottrina dell’essere umano creato ad immagine e somiglianza di Dio ed il suo ruolo singolare nella creazione.[21] Il pensiero cristiano medievale, vagliando criticamente l’eredità del pensiero filosofico antico, è pervenuto ad una sintesi della nozione di persona, riconoscendo il fondamento metafisico della sua dignità, come attestano le seguenti parole di san Tommaso d’Aquino: «la persona significa quanto di più nobile c’è in tutto l’universo, cioè il sussistente di natura razionale».[22] Tale dignità ontologica, nella sua manifestazione privilegiata attraverso il libero agire umano, è stata poi messa in risalto soprattutto dall’umanesimo cristiano del Rinascimento.[23] Anche nella visione di pensatori moderni, quali Cartesio e Kant, che pure hanno messo in discussione alcuni dei fondamenti dell’antropologia cristiana tradizionale, si possono avvertire con forza echi della Rivelazione. Sulla base di alcune riflessioni filosofiche più recenti circa lo statuto della soggettività teoretica e pratica, la riflessione cristianaè arrivata poi a sottolineare ancor più lo spessore del concetto di dignità, raggiungendo una prospettiva originale, come ad esempio il personalismo, nel XX secolo. Tale prospettiva non solo riprende la questione della soggettività, ma la approfondisce nella direzione dell’intersoggettività e delle relazioni che legano tra loro le persone umane.[24] Anche la proposta antropologica cristiana contemporanea si è arricchita del pensiero proveniente da quest’ultima visione.[25]
14. Ai nostri giorni, il termine “dignità” viene utilizzato prevalentemente per sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto agli altri esseri dell’universo. In questo orizzonte, si comprende il modo in cui viene usato il termine dignità nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1948, ove si parla «della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili». Solo questo carattere inalienabile della dignità umana consente di poter parlare dei diritti dell’uomo.[26]
15. Per chiarire meglio il concetto di dignità, è importante segnalare che la dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani, a partire da determinate sue doti e qualità, in modo che potrebbe essere eventualmente ritirata. Se la dignità fosse concessa alla persona da altri esseri umani, allora essa si darebbe in modo condizionato e alienabile, e lo stesso significato di dignità (per quanto meritevole di grande rispetto) rimarrebbe esposto al rischio di essere abolito. In realtà, la dignità è intrinseca alla persona, non conferita a posteriori, previa ad ogni riconoscimento e non può essere perduta. Di conseguenza, tutti gli esseri umani possiedono la medesima ed intrinseca dignità, indipendentemente dal fatto che siano in grado o meno di esprimerla adeguatamente.
16. Perciò il Concilio Vaticano II parla della «eminente dignità della persona umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili».[27] Come ricorda l’incipit della Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae, «gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive».[28] Tale libertà di pensiero e di coscienza, sia individuale che comunitaria, è basata sul riconoscimento della dignità umana «quale l’hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione».[29] Lo stesso magistero ecclesiale ha maturato con sempre maggior compiutezza il significato di tale dignità, unitamente alle esigenze ed alle implicazioni ad esso connesse, giungendo alla consapevolezza che la dignità di ogni essere umano è tale al di là di ogni circostanza.
2. La Chiesa annuncia, promuove e si fa garante della dignità umana
17. La Chiesa proclama l’uguale dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalle loro qualità. Questo annuncio si appoggia su una triplice convinzione, che, alla luce della fede cristiana, conferisce alla dignità umana un valore incommensurabile e ne rafforza le intrinseche esigenze.
18. Innanzitutto, secondo la Rivelazione, la dignità dell’essere umano proviene dall’amore del suo Creatore, che ha impresso in lui i tratti indelebili della sua immagine (cf. Gen 1, 26), chiamandolo a conoscerlo, ad amarlo ed a vivere in un rapporto di alleanza con sé e nella fraternità, nella giustizia e nella pace con tutti gli altri uomini e donne. In questa visione, la dignità si riferisce non solo all’anima, ma alla persona come unità inscindibile, e dunque inerisce anche al suo corpo, il quale partecipa a suo modo all’essere immagine di Dio della persona umana ed è chiamato anch’esso a condividere la gloria dell’anima nella beatitudine divina.
Cristo eleva la dignità dell’uomo
19. Una seconda convinzione procede dal fatto che la dignità della persona umana è stata rivelata in pienezza quando il Padre ha inviato il suo Figlio che ha assunto fino in fondo l’esistenza umana: «il Figlio di Dio, nel mistero dell’incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano».[30] Così, unendosi in certo modo ad ogni essere umano attraverso la sua incarnazione, Gesù Cristo ha confermato che ogni essere umano possiede una dignità inestimabile, per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana e che questa dignità non può mai essere perduta.[31] Proclamando che il Regno di Dio appartiene ai poveri, agli umili, a coloro che sono disprezzati, a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; guarendo ogni sorta di malattie e di infermità, anche le più drammatiche come la lebbra; affermando che ciò che viene fatto a queste persone viene fatto a lui, perché egli è presente in quelle persone, Gesù ha portato la grande novità del riconoscimento della dignità di ogni persona, ed anche e soprattutto di quelle persone che erano qualificate come “indegne”. Questo principio nuovo nella storia umana, per cui l’essere umano è tanto più “degno” di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la stessa “figura” umana, ha cambiato il volto del mondo, dando vita a istituzioni che si prendono cura delle persone che si trovano in condizioni disagiate: i neonati abbandonati, gli orfani, gli anziani lasciati soli, i malati mentali, le persone affette da malattie incurabili o con gravi malformazioni, coloro che vivono per strada.
Una vocazione alla pienezza della dignità
20. La terza convinzione riguarda il destino finale dell’essere umano: dopo la creazione e l’incarnazione, la risurrezione di Cristo ci rivela un ulteriore aspetto della dignità umana. Infatti, «l’aspetto più sublime della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio»,[32] destinata a durare per sempre. In tal modo, «la dignità [della vita umana] non è legata solo alle sue origini, al suo venire da Dio, ma anche al suo fine, al suo destino di comunione con Dio nella conoscenza e nell’amore di Lui. È alla luce di questa verità che sant’Ireneo precisa e completa la sua esaltazione dell’uomo: “gloria di Dio” è, sì, “l’uomo che vive”, ma “la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio”».[33]
21. Di conseguenza, la Chiesa crede e afferma che tutti gli esseri umani, creati ad immagine e somiglianza di Dio e ricreati[34] nel Figlio fatto uomo, crocifisso e risorto, sono chiamati a crescere sotto l’azione dello Spirito Santo per riflettere la gloria del Padre, in quella medesima immagine, partecipando alla vita eterna (cf. Gv 10, 15-16; 17, 22-24; 2 Cor 3, 18; Ef 1, 3-14). Infatti, «la Rivelazione […] fa conoscere la dignità della persona umana in tutta la sua ampiezza».[35]
Un impegno per la propria libertà
22. Pur possedendo ciascun essere umano un’inalienabile ed intrinseca dignità fin dall’inizio della sua esistenza come un dono irrevocabile, dipende dalla sua decisione libera e responsabile esprimerla e manifestarla fino in fondo oppure offuscarla. Alcuni Padri della Chiesa – come sant’Ireneo o san Giovanni Damasceno – hanno stabilito una distinzione tra l’immagine e la somiglianza di cui parla la Genesi, permettendo così uno sguardo dinamico sulla stessa dignità umana: l’immagine di Dio è affidata alla libertà dell’essere umano affinché, sotto la guida e l’azione dello Spirito, cresca la sua somiglianza con Dio e ogni persona possa arrivare alla sua più alta dignità.[36] Ogni persona è chiamata infatti a manifestare a livello esistenziale e morale la portata ontologica della sua dignità nella misura in cui con la sua propria libertà si orienta verso il vero bene, in risposta all’amore di Dio. Così, in quanto è creata ad immagine di Dio, da una parte, la persona umana non perde mai la sua dignità e mai smette di essere chiamata ad accogliere liberamente il bene; d’altra parte, in quanto la persona umana risponde al bene, la sua dignità può liberamente, dinamicamente e progressivamente manifestarsi, crescere e maturare. Ciò significa che l’essere umano deve anche cercare di vivere all’altezza della propria dignità. Si comprende allora in che senso il peccato possa ferire ed offuscare la dignità umana, come atto contrario ad essa, ma, nello stesso tempo, che esso non può mai cancellare il fatto che l’essere umano sia stato creato ad immagine di Dio. La fede, dunque, contribuisce in modo decisivo ad aiutare la ragione nella sua percezione della dignità umana, e nell’accoglierne, consolidarne e precisarne i tratti essenziali, come ha evidenziato Benedetto XVI: «senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana. Fu questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo».[37]
3. La dignità, fondamento dei diritti e dei doveri umani
23. Come già richiamato da Papa Francesco, «nella cultura moderna, il riferimento più vicino al principio della dignità inalienabile della persona è la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che san Giovanni Paolo II ha definito “pietra miliare posta sul lungo e difficile cammino del genere umano”, e come “una delle più alte espressioni della coscienza umana”».[38] Per resistere ai tentativi di alterare o cancellare il significato profondo di quella Dichiarazione, vale la pena ricordare alcuni principi essenziali che devono essere sempre onorati.
Rispetto incondizionato della dignità umana
24. In primo luogo, benché si sia diffusa una sempre maggiore sensibilità al tema della dignità umana, ancora oggi si osservano numerosi fraintendimenti del concetto di dignità, che ne distorcono il significato. Alcuni propongono che sia meglio usare l’espressione “dignità personale” (e diritti “della persona”) invece di “dignità umana” (e diritti dell’uomo), perché intendono come persona solo “un essere capace di ragionare”. Di conseguenza, sostengono che la dignità e i diritti si deducano dalla capacità di conoscenza e di libertà, di cui non sono dotati tutti gli esseri umani. Non avrebbe dignità personale, allora, il bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche chi è portatore di disabilità mentale.[39] La Chiesa, al contrario, insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane “al di là di ogni circostanza”, ed il suo riconoscimento non può assolutamente dipendere dal giudizio sulla capacità di intendere e di agire liberamente delle persone. Altrimenti la dignità non sarebbe come tale inerente alla persona, indipendente dai suoi condizionamenti e meritevole, pertanto, di un rispetto incondizionato. Solo riconoscendo all’essere umano una dignità intrinseca, che non può mai essere perduta, è possibile garantire a tale qualità un inviolabile e sicuro fondamento. Senza alcun riferimento ontologico, il riconoscimento della dignità umana oscillerebbe in balìa di differenti ed arbitrarie valutazioni. L’unica condizione, dunque, per poter parlare di dignità per sé inerente alla persona è la sua appartenenza alla specie umana, per cui «i diritti della persona sono i diritti dell’uomo».[40]
Un oggettivo riferimento per la libertà umana
25. In secondo luogo, il concetto di dignità umana, a volte, viene usato in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definitie non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita,[41] come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come “diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere.
Struttura relazionale della persona umana
26. La dignità umana, alla luce del carattere relazionale della persona, aiuta a superare la prospettiva riduttiva di una libertà autoreferenziale e individualistica, che pretende di creare i propri valori a prescindere dalle norme obiettive del bene e dal rapporto con gli altri esseri viventi. Sempre più spesso, infatti, vi è il rischio di limitare la dignità umana alla capacità di decidere discrezionalmente di sé e del proprio destino, indipendentemente da quello degli altri, senza tener presente l’appartenenza alla comunità umana. In tale comprensione errata della libertà, i doveri e i diritti non possono essere mutuamente riconosciuti di modo che ci si prenda cura gli uni degli altri. In verità, come ricorda san Giovanni Paolo II, la libertà è posta «al servizio della persona e della sua realizzazione mediante il dono di sé e l’accoglienza dell’altro; quando invece viene assolutizzata in chiave individualistica, la libertà è svuotata del suo contenuto originario ed è contraddetta nella sua stessa vocazione e dignità».[42]
27. La dignità dell’essere umano comprende così anche la capacità, insita nella stessa natura umana, di assumersi degli obblighi verso gli altri.
28. La differenza tra l’essere umano e il resto degli altri esseri viventi, che risalta grazie al concetto di dignità, non deve far dimenticare la bontà degli altri esseri creati, che esistono non solo in funzione dell’essere umano ma anche con un valore proprio, e pertanto come doni a lui affidati perché siano custoditi e coltivati. Così, mentre si riserva all’essere umano il concetto di dignità, si deve affermare allo stesso tempo la bontà creaturale del resto del cosmo. Come sottolinea Papa Francesco: «proprio per la sua dignità unica e per essere dotato di intelligenza, l’essere umano è chiamato a rispettare il creato con le sue leggi interne […]: “Ogni creatura ha la sua propria bontà e la sua propria perfezione […] Le varie creature, volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura, per evitare un uso disordinato delle cose”».[43] Ancora di più, «oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un “antropocentrismo situato”. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature».[44] In tale prospettiva, «non è irrilevante per noi che parecchie specie stiano scomparendo e che la crisi climatica stia mettendo in pericolo la vita di tanti esseri».[45] Appartiene, infatti, alla dignità dell’essere umano la cura dell’ambiente, tenendo conto in particolare di quell’ecologia umana che preserva la sua stessa esistenza.
Liberazione dell’essere umano da condizionamenti morali e sociali
29. Questi prerequisiti basilari, per quanto necessari, non bastano a garantire una crescita della persona coerente con la sua dignità. Anche se «Dio ha creato l’uomo ragionevole conferendogli la dignità di una persona dotata dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti»[46] in vista del bene, il libero arbitrio spesso preferisce il male al bene. Perciò la libertà umana ha bisogno di essere a sua volta liberata. Nella lettera ai Galati, affermando che «Cristo ci ha liberato affinché restassimo liberi» (Gal 5, 1), san Paolo richiama il compito proprio di ciascuno dei cristiani, sulle cui spalle incombe una responsabilità di liberazione che si estende al mondo intero (cf. Rm 8, 19ss). Si tratta di una liberazione che dal cuore delle singole persone è chiamata a diffondersi e a manifestare la sua forza umanizzante in tutte le relazioni.
30. La libertà è un dono meraviglioso di Dio. Anche quando ci attira con la sua grazia, Dio lo fa in modo tale che mai la nostra libertà sia violata. Sarebbe pertanto un grave errore pensare che, lontani da Dio e dal suo aiuto, possiamo essere più liberi e di conseguenza sentirci più degni. Sganciata dal suo Creatore, la nostra libertà non potrà che indebolirsi e oscurarsi. Lo stesso succede se la libertà si immagina come indipendente da ogni riferimento che non sia se stessa e avverte ogni rapporto con una verità precedente come una minaccia. Di conseguenza, anche il rispetto della libertà e della dignità degli altri verrà meno. Lo ha spiegato Papa Benedetto XVI: «Una volontà che si crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha una “identità” da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre “volontà”, anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far valere altre “ragioni” o addirittura nessuna “ragione”. L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani».[47]
31. Non sarebbe, inoltre, realistico affermare una libertà astratta, esente da ogni condizionamento, contesto o limite. Invece, «il retto esercizio della libertà personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale, giuridico, politico e culturale»,[48] che restano spesso disattese. In questo senso, possiamo dire che alcuni godono di maggiore “libertà” di altri. Su questo punto si è particolarmente soffermato Papa Francesco: «alcuni nascono in famiglie di buone condizioni economiche, ricevono una buona educazione, crescono ben nutriti, o possiedono naturalmente capacità notevoli. Essi sicuramente non avranno bisogno di uno Stato attivo e chiederanno solo libertà. Ma evidentemente non vale la stessa regola per una persona disabile, per chi è nato in una casa misera, per chi è cresciuto con un’educazione di bassa qualità e con scarse possibilità di curare come si deve le proprie malattie. Se la società si regge primariamente sui criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro, e la fraternità sarà tutt’al più un’espressione romantica».[49] Risulta, quindi, indispensabile comprendere che «la liberazione dalle ingiustizie promuove la libertà e la dignità umana»[50] ad ogni livello e rapporto delle azioni umane. Perché sia possibile un’autentica libertà «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno».[51] Analogamente, la libertà è frequentemente oscurata da tanti condizionamenti psicologici, storici, sociali, educativi, culturali. La libertà reale e storica ha sempre bisogno di essere “liberata”. E si dovrà, altresì, ribadire il fondamentale diritto alla libertà religiosa.
32. Nel contempo, è evidente che la storia dell’umanità mostra un progresso nella comprensione della dignità e della libertà delle persone, non senza ombre e pericoli di involuzione. Di ciò è testimonianza il fatto che vi è una crescente aspirazione – anche sotto l’influenza cristiana, che continua a essere fermento pure in società sempre più secolarizzate – a sradicare il razzismo, la schiavitù, l’emarginazione delle donne, dei bambini, dei malati e delle persone con disabilità. Ma questo arduo cammino è lungi dall’essere