Documento magisteriale: il testo fa parte dei documenti con i quali la Chiesa custodisce e tramanda il suo insegnamento fondato sul depositum fidei
Lettera apostolica
Ci troviamo qui – occorre rendersene conto chiaramente nella nostra comune riflessione su questo problema – in una dimensione completamente nuova del nostro tema. È dimensione diversa da quella che determinava e, in un certo senso, chiudeva la ricerca del significato della sofferenza entro i limiti della giustizia. Questa è la dimensione della Redenzione, alla quale nell’Antico Testamento già sembrano preludere, almeno secondo il testo della Volgata, le parole del giusto Giobbe: «Io so infatti che il mio Redentore vive, e che nell’ultimo giorno… vedrò il mio Dio…»28. Mentre finora la nostra considerazione si è concentrata prima di tutto e, in un certo senso, esclusivamente sulla sofferenza nella sua molteplice forma temporale (come anche le sofferenze del giusto Giobbe), invece le parole, ora riportate dal colloquio di Gesù con Nicodemo, riguardano la sofferenza nel suo senso fondamentale e definitivo. Dio dà il suo Figlio unigenito, affinché l’uomo «non muoia», e il significato di questo «non muoia» viene precisato accuratamente dalle parole successive: «ma abbia la vita eterna».
L’uomo «muore», quando perde «la vita eterna». Il contrario della salvezza non è, quindi, la sola sofferenza temporale, una qualsiasi sofferenza, ma la sofferenza definitiva: la perdita della vita eterna, l’essere respinti da Dio, la dannazione. Il Figlio unigenito è stato dato all’umanità per proteggere l’uomo, prima di tutto, contro questo male definitivo e contro la sofferenza definitiva. Nella sua missione salvifica egli deve, dunque, toccare il male alle sue stesse radici trascendentali, dalle quali esso si sviluppa nella storia dell’uomo. Tali radici trascendentali del male sono fissate nel peccato e nella morte: esse, infatti, si trovano alla base della perdita della vita eterna. La missione del Figlio unigenito consiste nel vincere il peccato e la morte. Egli vince il peccato con la sua obbedienza fino alla morte, e vince la morte con la sua risurrezione.