Prima dell’udienza generale del 17 dicembre 2025, Papa Leone XIV ha voluto incontrare e salutare personalmente i malati accolti nell’Aula Paolo VI, impossibilitati a rimanere in Piazza San Pietro a causa delle condizioni atmosferiche. Un gesto semplice ma profondamente pastorale, che esprime la vicinanza concreta della Chiesa a chi vive la fragilità della malattia.
Rivolgendosi a loro con tono paterno, il Santo Padre ha offerto una benedizione, un augurio di fiducia e consolazione, e ha invitato ad affidarsi alle mani del Signore, ricordando che l’amore di Dio è una forza che sostiene soprattutto nei momenti di prova. In prossimità del Natale, il Papa ha invocato la gioia e la pace per i malati, le loro famiglie e i loro cari.
Nella catechesi dell’udienza, Leone XIV ha riflettuto sul tema della vita frenetica dell’uomo contemporaneo, spesso assorbito da impegni, risultati e attività che lasciano però un senso di vuoto interiore. «Non siamo macchine – ha ricordato il Papa – siamo un cuore». Un cuore che può stancarsi, ammalarsi interiormente, sentirsi inquieto.
Riprendendo le parole di Gesù nel Vangelo di Matteo – “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” – il Pontefice ha sottolineato che la vera salute della persona non dipende dal possesso di beni, né da investimenti finanziari oggi “idolatrati”, spesso costruiti al prezzo di vite umane e della devastazione del creato, ma dalla cura del cuore, luogo profondo dell’identità umana.
Ispirandosi a Sant’Agostino, Leone XIV ha parlato del “cuore inquieto”, segno non di smarrimento, ma di una tensione verso la pienezza. È un’inquietudine che accomuna ogni persona, e che chiede ascolto, accompagnamento, cura. In questo senso, la pastorale della salute è chiamata non solo a prendersi cura del corpo, ma anche della dimensione spirituale e relazionale dell’uomo.
La Risurrezione di Cristo, ha spiegato il Papa, illumina la fatica quotidiana, la sofferenza, la malattia, offrendo una speranza che non delude: in Dio c’è un riposo che è pace e gioia, non inattività, ma guarigione profonda.
Secondo Leone XIV, il cuore umano trova il suo vero compimento nell’amore di Dio, che si sperimenta concretamente amando il prossimo, soprattutto chi è fragile, malato, sofferente. Il malato, ha ricordato implicitamente il Papa, ci chiede di rallentare, di guardarlo negli occhi, di cambiare priorità: è così che il cuore si apre e guarisce.
Concludendo, il Pontefice ha indicato in Gesù Cristo – incarnato, morto e risorto – la speranza che sostiene il cuore umano, anche nella malattia e nel dolore. Una speranza che afferma che la vita ha già vinto e continua a vincere in ogni “morte quotidiana”.
Per chi opera nella pastorale della salute, le parole e i gesti di Leone XIV richiamano con forza alla missione di accompagnare, ascoltare e curare il cuore, perché nessuna vera guarigione è possibile senza amore, speranza e senso.
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