Percorsi tematici Giugno 28, 2022

L’etica del prendersi cura

«Nel servizio della carità c’è un atteggiamento che ci deve animare e contraddistinguere: dobbiamo prenderci cura dell’altro in quanto persona affidata da Dio alla nostra responsabilità»[1].

Nell’enciclica Evangelium Vitae Giovanni Paolo II ribadisce un valore fondante che caratterizza  la carità cristiana  nonché il prendersi cura dell’altro: la responsabilità.

«Peculiare è la responsabilità affidata agli operatori sanitari: medici, farmacisti, infermieri, cappellani, religiosi e religiose, amministratori e volontari. La loro professione li vuole custodi e servitori della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l’arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell’intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l’antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità»[2].

Per quanto si guardi con fiducia e speranza al progresso della scienza medica, si è sempre più conviti che la domanda etica debba nascere in rapporto al valore della vita umana e non sulla base di quanto la tecnica rende possibile. La Congregazione per la dottrina della Fede nella lettera Samaritanus Bonus appare chiara al riguardo.

«Questi progressi della tecnologia medica, benché preziosi, non sono di per sé determinanti per qualificare il senso proprio ed il valore della vita umana. Infatti, ogni progresso nelle abilità degli operatori sanitari richiede una crescente e sapiente capacità di discernimento morale per evitare un utilizzo sproporzionato e disumanizzante delle tecnologie, soprattutto nelle fasi critiche o terminali della vita umana»[3].

Dal cuore dell’uomo scaturiscono domande sul senso del vivere e del patire, le quali illuminate dalla fede possono cogliere l’intrinseca dignità dell’uomo in ogni condizione di esistenza. Alla luce di questo ogni gesto di cura deve mirare alla custodia di quella dignità umana che spesso viene calpestata.

«È difficile riconoscere il profondo valore della vita umana quando, nonostante ogni sforzo assistenziale, essa continua ad apparirci nella sua debolezza e fragilità. […] a ciascun operatore sanitario è affidata la missione di una fedele custodia della vita umana fino al suo compiersi naturale, attraverso un percorso di assistenza che sia capace di rigenerare in ogni paziente il senso profondo della sua esistenza, quando viene marcata dalla sofferenza e dalla malattia.

In particolare, la relazione di cura rivela un principio di giustizia, nella sua duplice dimensione di promozione della vita umana […] e di non recar danno alla persona […]: lo stesso principio che Gesù trasforma nella regola aurea positiva «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro».

Una responsabilità che si attua nella relazione, ma che si sviluppa in un incessante lavoro di riflessione, dialogo e ascolto al fine di custodire quel valore che è la dignità dell’uomo che nell’atto di cura viene affidato a ciascun operatore sanitario. Nella Nuova Carta degli Operatori Sanitari viene sottolineato quanto il Magistero possa costituire un deposito valoriale utile ad orientare la prassi clinica nel rispetto dei valori fondanti la vita umana.

«Il servizio alla vita è tale solo nella fedeltà alla legge morale, che ne esprime valore e compiti. Vi sono, infatti, per l’operatore sanitario anche responsabilità morali, le cui indicazioni scaturiscono dalla riflessione bioetica. In questo ambito, con vigile e premurosa attenzione, si pronuncia il Magistero della Chiesa, in riferimento alle questioni sollevate dal progresso biomedico e dal mutevole ethos culturale. Questo Magistero costituisce per l’operatore sanitario una fonte di principi e norme di comportamento, che ne illumina la coscienza e la orienta – specialmente nella complessità delle odierne possibilità biotecnologiche – a scelte sempre rispettose della persona umana e della sua dignità»[4].

La norma etica, lungi dal voler imporre sterili limitazioni, è al servizio della persona per la custodia della sua intrinseca dignità. Chiare sono le indicazioni in merito contenute nell’istruzione Donum Vitae.

«La Chiesa ripropone così la legge divina per fare opera di verità e di liberazione. È infatti per bontà —per indicare il cammino della vita — che Dio dà agli uomini i suoi comandamenti e la grazia per osservali; ed è pure per bontà — per aiutarli a perseverare nello stesso cammino — che Dio offre sempre a tutti il suo perdono. Cristo ha compassione delle nostre fragilità: Egli è nostro Creatore e nostro Redentore. Che il suo Spirito apra gli animi al dono della pace di Dio e all’intelligenza dei suoi precetti»[5].

A cura di Simone Masilla
salvatoresimone.masilla@unicatt.it

[1] EV 87

[2] EV 89

[3] Samaritanus Bonus

[4] Nuova Carta degli Operatori Pastorali 5

[5] Donum Vitae 1