Percorsi tematici Ottobre 18, 2022

Umanità in relazione

«Dall’intimo di ogni cuore, l’amore crea legami e allarga l’esistenza quando fa uscire la persona da sé stessa verso l’altro». Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli Tutti” pone l’incontro con l’altro come un momento fondativo dell’umanità stessa di ciascuna persona.

Il volto trinitario di Dio, svelato da Cristo e testimoniato dalla Chiesa sin dalle origini, ha posto al centro della fede cristiana la dimensione relazionale del Divino.

«Tutta l’economia divina, opera comune e insieme personale, fa conoscere tanto la proprietà delle Persone divine, quanto la loro unica natura. Parimenti, tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle Persone divine, senza in alcun modo separarle»[1]

Il Catechismo della Chiesa Cattolica attesta l’immagine di UN Dio che si mostra trino nella sua pedagogia e nell’azione provvidente. La vita dell’individuo è plasmata dalla comunione trinitaria alla quale esso è intimamente chiamato a partecipare.

«Il fine ultimo dell’intera economia divina è che tutte le creature entrino nell’unità perfetta della Beatissima Trinità. Ma fin d’ora siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità»[2].

L’unione dei figli di Dio è iscritta nella natura dell’uomo e diviene in virtù del sacrificio di Cristo un compito e un dovere. Questo viene affermato nell’enciclica di Giovanni Paolo II “Ut unum sint”.

«L’unità di tutta l’umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo Egli ha inviato il suo Figlio perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito d’amore»[3].

La nostra natura creaturale ci spinge a comprendere il nostro bisogno di relazione: l’uomo nasce bisognoso e nel bisogno incontra l’altro; e tale incontro genera socialità. In questo modo comprendiamo la relazione non solo in una dinamica biunivoca, quanto intesa come una rete che si intreccia attorno al vissuto di ciascuno. Nell’enciclica Fratelli Tutti Papa francesco ci mette in guardia dalle relazioni chiuse in se stesse in quanto “forme idealizzate di egoismo e di mera autoprotezione”.

«Non posso ridurre la mia vita alla relazione con un piccolo gruppo e nemmeno alla mia famiglia, perché è impossibile capire me stesso senza un tessuto più ampio di relazioni […] La mia relazione con una persona che stimo non può ignorare che quella persona non vive solo per la sua relazione con me, né io vivo soltanto rapportandomi con lei. La nostra relazione, se è sana e autentica, ci apre agli altri che ci fanno crescere e ci arricchiscono. Il più nobile senso sociale oggi facilmente rimane annullato dietro intimismi egoistici con l’apparenza di relazioni intense. Invece, l’amore che è autentico, che aiuta a crescere, e le forme più nobili di amicizia abitano cuori che si lasciano completare»[4].

Inscrivendo in maniera così profonda nel cuore dell’uomo il bisogno di relazione, comprendiamo quanto questo aspetto sia fondamentale nell’atto di cura. A tal proposito si esprime la lettera “Samaritanus Bonus” della congregazione per la dottrina della fede.

«La relazione di cura rivela un principio di giustizia, nella sua duplice dimensione di promozione della vita umana […] e di non recar danno alla persona […]: lo stesso principio che Gesù trasforma nella regola aurea positiva “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”».

La cura della vita è dunque la prima responsabilità che il medico sperimenta nell’incontro con il malato. Essa non è riducibile alla capacità di guarire l’ammalato, essendo il suo orizzonte antropologico e morale più ampio: anche quando la guarigione è impossibile o improbabile, l’accompagnamento medico-infermieristico (cura delle funzioni fisiologiche essenziali del corpo), psicologico e spirituale, è un dovere ineludibile, poiché l’opposto costituirebbe un disumano abbandono del malato»[5].

Ancora una volta la relazione che cura, guardando al bisogno dell’altro, innesca intimamente quel principio attivo talvolta inibito dalla sofferenza umana: la speranza.

«Il Buon Samaritano, che pone al centro del suo cuore il volto del fratello in difficoltà, sa vedere il suo bisogno, gli offre tutto il bene necessario per sollevarlo dalla ferita della desolazione e apre nel suo cuore luminose feritoie di speranza»[6].

[1] CCC 259

[2] Ibid. 260

[3] UUS 6

[4] FT 89

[5] Samaritanus Bonus

[6] Ibid.