Documento magisteriale: il testo fa parte dei documenti con i quali la Chiesa custodisce e tramanda il suo insegnamento fondato sul depositum fidei
Udienza Generale
Diletti Figli e Figlie!
Salutiamo fra i vari gruppi presenti quello che si qualifica col titolo di «Apostolato della sofferenza» e che merita, proprio per questo titolo, una speciale Nostra considerazione. Lo salutiamo e lo benediciamo, rivolgendo il Nostro affettuoso pensiero a quanti promuovono ed assistono questa ed ogni altra forma di spirituale assistenza e di fraterno servizio agli ammalati; e agli ammalati stessi corre il Nostro pensiero e si estende dappertutto, dovunque sono infermi, pazienti e minorati, dovunque il dolore fisico, e con esso quello morale, tormenta, mortifica ed umilia membra umane, quelle specialmente di fratelli Nostri nella fede e figli Nostri, come appartenenti al gregge di Cristo, che di esso Ci ha fatto pastore. Ricordiamo tutti questi aggregati alla immensa e diffusa città del dolore, negli ospedali, nelle cliniche, negli ospizi, ed anche più quelli che sono rimasti nelle loro case, custoditi dalla pietà e dalla bontà dei loro familiari, e quelli ancora che mancano di assistenza sanitaria e di conforto spirituale, portando con la pena della malattia quella, spesso non meno grave, della solitudine e della povertà. Noi abbiamo ancora presenti gli incontri, sempre per Noi commoventi ed ammonitori, che avemmo occasione, e quasi vorremmo dire fortuna, di avere con l’umana sofferenza, misteriosa e pietosa nei bambini, e quasi intollerabile nei giovani, nelle vittime del lavoro e del dovere, nelle persone su cui appoggia la cura d’una famiglia, desolata anch’essa per la malattia di chi ne era il cuore ed il sostegno; e quella triste e quasi senza speranza dei vecchi, dei cronici, degli alienati. Oh, fratelli sofferenti, oh, figli doloranti sparsi nel mondo, Noi vorremmo che la Nostra voce arrivasse a tutti ed a ciascuno di voi per ripetervi, mentre Noi stessi piangiamo con voi, la parola di Gesù, l’uomo del dolore: «Non piangere» (Luc. 7, 13)!