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4. Alcune gravi violazioni della dignità umana

33. Alla luce delle riflessioni sin qui fatte circa la centralità della dignità umana, questa ultima sezione della Dichiarazione affronta alcune concrete e gravi violazioni della stessa. Lo fa nello spirito proprio del magistero della Chiesa, che ha trovato piena espressione nell’insegnamento degli ultimi Pontefici, come già ricordato. Papa Francesco, per esempio, da una parte, non si stanca di richiamare il rispetto della dignità umana: «ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente, e nessun Paese può negare tale diritto fondamentale. Ognuno lo possiede, anche se è poco efficiente, anche se è nato o cresciuto con delle limitazioni; infatti, ciò non sminuisce la sua immensa dignità come persona umana, che non si fonda sulle circostanze bensì sul valore del suo essere. Quando questo principio elementare non è salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità».[52] Dall’altra parte, egli non cessa mai di indicare a tutti le concrete violazioni della dignità umana nel nostro tempo, chiamando ciascuno ad un sussulto di responsabilità e di impegno fattivo.

34. Volendo indicare alcune delle numerose e gravi violazioni della dignità umana nel mondo contemporaneo, possiamo ricordare quanto ha insegnato al riguardo il Concilio Vaticano II. Si dovrà riconoscere che si oppone alla dignità umana «tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario».[53] Attenta altresì alla nostra dignità «tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche».[54] Ed infine «tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili».[55] Bisognerà pure qui menzionare il tema della pena di morte[56]: anche quest’ultima, infatti, viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza. Si deve, al contrario, riconoscere che «il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l’inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non lo negherò a nessuno, darò a tutti la possibilità di condividere con me questo pianeta malgrado ciò che possa separarci».[57] Appare opportuno anche ribadire la dignità delle persone che si trovano in carcere, spesso costrette a vivere in condizioni indegne, e che la pratica della tortura contrasta oltre ogni limite la dignità propria di ogni essere umano, anche nel caso in cui qualcuno si fosse reso colpevole di gravi crimini.

35. Pur senza pretesa di esaustività, in ciò che segue richiamiamo l’attenzione su alcune gravi violazioni della dignità umana particolarmente attuali.

Il dramma della povertà

36. Uno dei fenomeni che contribuisce considerevolmente a negare la dignità di tanti esseri umani è la povertà estrema, legata all’ineguale distribuzione della ricchezza. Come già sottolineato da san Giovanni Paolo II, «una delle più grandi ingiustizie del mondo contemporaneo consiste proprio in questo: che sono relativamente pochi quelli che possiedono molto, e molti quelli che non possiedono quasi nulla. È l’ingiustizia della cattiva distribuzione dei beni e dei servizi destinati originariamente a tutti».[58] Inoltre, sarebbe illusorio fare una distinzione sommaria tra “Paesi ricchi” e “Paesi poveri”: già Benedetto XVI riconosceva, infatti, che «cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. Continua “lo scandalo di disuguaglianze clamorose”»,[59] dove la dignità dei poveri viene doppiamente negata, sia per la mancanza di risorse a disposizione per soddisfare i loro bisogni primari, sia per l’indifferenza con cui sono trattati da coloro che vivono accanto a loro.

37. Con Papa Francesco si deve pertanto concludere che «è aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che “nascono nuove povertà”. Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale».[60] Di conseguenza, la povertà si diffonde «in molti modi, come nell’ossessione di ridurre i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò provoca, perché la disoccupazione che si produce ha come effetto diretto di allargare i confini della povertà».[61] Tra questi «effetti distruttori dell’Impero del denaro»,[62] si deve riconoscere che «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro».[63] Se alcuni sono nati in un Paese o in una famiglia dove hanno meno possibilità di sviluppo, bisogna riconoscere che ciò è in contrasto con la loro dignità, che è esattamente la stessa di quelli che sono nati in una famiglia o in un Paese ricco. Tutti siamo responsabili, sebbene in diversi gradi, di questa palese iniquità.

La guerra

38. Un’altra tragedia che nega la dignità umana è il protrarsi della guerra, oggi come in ogni tempo: «guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali e religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana […] vanno “moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una ‘terza guerra mondiale a pezzi’”».[64] Con la sua scia di distruzione e dolore, la guerra attacca la dignità umana a breve e a lungo termine: «pur riaffermando il diritto inalienabile alla legittima difesa, nonché la responsabilità di proteggere coloro la cui esistenza è minacciata, dobbiamo ammettere che la guerra è sempre una “sconfitta dell’umanità”. Nessuna guerra vale le lacrime di una madre che ha visto suo figlio mutilato o morto; nessuna guerra vale la perdita della vita, fosse anche di una sola persona umana, essere sacro, creato a immagine e somiglianza del Creatore; nessuna guerra vale l’avvelenamento della nostra Casa Comune; e nessuna guerra vale la disperazione di quanti sono costretti a lasciare la loro patria e vengono privati, da un momento all’altro, della loro casa e di tutti i legami familiari, amicali, sociali e culturali che sono stati costruiti, a volte attraverso generazioni».[65] Tutte le guerre, per il solo fatto di contraddire la dignità umana, sono «conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno».[66] Questo risulta ancora più grave nel nostro tempo, quando è diventato normale che, al di fuori del campo di battaglia, muoiano tanti civili innocenti.

39. Di conseguenza, anche oggi la Chiesa non può che fare sue le parole dei Pontefici, ripetendo con san Paolo VI: «jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!»,[67] e chiedendo, insieme a san Giovanni Paolo II, «a tutti nel nome di Dio e nel nome dell’uomo: Non uccidete! Non preparate agli uomini distruzioni e sterminio! Pensate ai vostri fratelli che soffrono fame e miseria! Rispettate la dignità e la libertà di ciascuno!».[68] Proprio nel nostro tempo questo è il grido della Chiesa e di tutta l’umanità. Papa Francesco sottolinea, infine, che «non possiamo più pensare alla guerra come soluzione. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!».[69] Poiché l’umanità ricade spesso negli stessi errori del passato, «per costruire la pace è necessario uscire dalla logica della legittimità della guerra».[70] L’intima relazione che esiste tra fede e dignità umana rende contradittorio che la guerra sia fondata su convinzioni religiose: «coloro che invocano il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra non seguono la via di Dio: la guerra in nome della religione è una guerra contro la religione stessa».[71]

Il travaglio dei migranti

40. I migranti sono tra le prime vittime delle molteplici forme di povertà. Non solo la loro dignità viene negata nei loro Paesi,[72] quanto la loro stessa vita è messa a rischio perché non hanno più i mezzi per creare una famiglia, per lavorare o per nutrirsi.[73] Una volta poi che sono arrivati in Paesi che dovrebbero essere in grado di accoglierli, «vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona […] Non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani».[74] È pertanto sempre urgente ricordare che «ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione».[75] La loro accoglienza è un modo importante e significativo di difendere «l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione».[76]

La tratta delle persone

41. La tratta delle persone umane deve anch’essa venire annoverata quale violazione grave della dignità umana.[77] Non costituisce una novità, ma il suo sviluppo assume dimensioni tragiche che sono sotto gli occhi di tutti, ragione per cui Papa Francesco l’ha denunciata in termini particolarmente forti: «ribadisco che la “tratta delle persone” è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a sé stessi e davanti a Dio! La Chiesa rinnova oggi il suo forte appello affinché siano sempre tutelate la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali, come sottolinea la sua Dottrina Sociale, diritti che chiede siano estesi realmente là dove non sono riconosciuti a milioni di uomini e donne in ogni Continente. In un mondo in cui si parla molto di diritti, quante volte viene di fatto calpestata la dignità umana! In un mondo dove si parla tanto di diritti sembra che l’unico ad averli sia il denaro».[78]

42. Per tali motivi, la Chiesa e l’umanità non devono rinunciare a lottare contro fenomeni quali «commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli».[79] Di fronte a forme così diverse e brutali di negazione della dignità umana, è necessario essere sempre più consapevoli che «la tratta delle persone è un crimine contro l’umanità».[80] Nega in sostanza la dignità umana in almeno due modi: «la tratta, infatti, deturpa l’umanità della vittima, offendendo la sua libertà e dignità. Ma, al tempo stesso, essa disumanizza chi la compie».[81]

Abusi sessuali

43. La profonda dignità che inerisce all’essere umano nella sua interezza di animo e di corpo permette anche di comprendere perché ogni abuso sessuale lascia profonde cicatrici nel cuore di chi lo subisce: costui si sente, infatti, ferito nella sua dignità umana. Si tratta di «sofferenze che possono durare tutta la vita e a cui nessun pentimento può porre rimedio. Tale fenomeno è diffuso nella società, tocca anche la Chiesa e rappresenta un serio ostacolo alla sua missione».[82] Da qui l’impegno che essa non cessa di esercitare per porre fine ad ogni tipo di abuso, iniziando dal suo interno.

Le violenze contro le donne

44. Le violenze contro le donne sono uno scandalo globale, che viene sempre di più riconosciuto. Se nelle parole si riconosce l’uguale dignità della donna, in alcuni Paesi le diseguaglianze tra donne e uomini sono gravissime ed anche nei Paesi maggiormente sviluppati e democratici la realtà sociale concreta testimonia il fatto che spesso non si riconosce alle donne la stessa dignità degli uomini. Papa Francesco evidenzia questo fatto quando afferma che «l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che “doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti”».[83]

45. Già san Giovanni Paolo II riconosceva che «molto ancora resta da fare perché l’essere donna e madre non comporti una discriminazione. È urgente ottenere dappertutto l’effettiva uguaglianza dei diritti della persona e dunque parità di salario rispetto a parità di lavoro, tutela della lavoratrice-madre, giuste progressioni nella carriera, uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino in regime democratico».[84] Le disuguaglianze in questi aspetti sono diverse forme di violenza. E ricordava anche che «è ora di condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne. In nome del rispetto della persona non possiamo altresì non denunciare la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità, inducendo anche ragazze in giovanissima età a cadere nei circuiti della corruzione e a prestarsi alla mercificazione del loro corpo».[85]Tra le forme di violenza esercitate sulle donne, come non citare la costrizione all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare l’egoismo dei maschi? E come non citare pure la pratica della poligamia la quale – come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica – è contraria alla pari dignità delle donne e degli uomini ed è altresì contraria «all’amore coniugale che è unico ed esclusivo»?[86]

46. In questo orizzonte di violenza contro le donne, non si condannerà mai a sufficienza il fenomeno del femminicidio. Su questo fronte l’impegno dell’intera comunità internazionale deve essere compatto e concreto, come ha ribadito Papa Francesco: «l’amore per Maria ci deve aiutare a generare atteggiamenti di riconoscenza e gratitudine nei riguardi della donna, nei riguardi delle nostre madri e nonne che sono un baluardo nella vita delle nostre città. Quasi sempre silenziose portano avanti la vita. È il silenzio e la forza della speranza. Grazie per la vostra testimonianza! […] ma guardando alle madri e alle nonne voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente americano: i numerosi casi di femminicidio. E sono molte le situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo che si promuova una legislazione e una cultura di ripudio di ogni forma di violenza».[87]

Aborto

47. La Chiesa non cessa di ricordare che «la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale. Proprio l’affermazione di una tale dignità è il presupposto irrinunciabile per la tutela di un’esistenza personale e sociale, e anche la condizione necessaria perché la fraternità e l’amicizia sociale possano realizzarsi tra tutti i popoli della terra».[88] Sulla base di questo valore intangibile della vita umana, il magistero ecclesiale si è sempre pronunciato contro l’aborto. Al riguardo scrive san Giovanni Paolo II: «fra tutti i delitti che l’uomo può compiere contro la vita, l’aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. […] Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravità è andata progressivamente oscurandosi. L’accettazione dell’aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno. A tale proposito risuona categorico il rimprovero del Profeta: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre” (Is 5, 20). Proprio nel caso dell’aborto si registra la diffusione di una terminologia ambigua, come quella di “interruzione della gravidanza”, che tende a nasconderne la vera natura e ad attenuarne la gravità nell’opinione pubblica. Forse questo fenomeno linguistico è esso stesso sintomo di un disagio delle coscienze. Ma nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tra il concepimento e la nascita»[89]. I bambini nascituri sono così «i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo».[90] Si dovrà, pertanto, affermare con ogni forza e chiarezza, anche nel nostro tempo, che «questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede, “ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”»[91]. Merita qui di essere ricordato il generoso e coraggioso impegno di santa Teresa di Calcutta per la difesa di ogni concepito.

Maternità surrogata

48. La Chiesa, altresì, prende posizione contro la pratica della maternità surrogata, attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto. A questo proposito, le parole di Papa Francesco sono di una chiarezza unica: «la via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica».[92]

49. La pratica della maternità surrogata viola, innanzitutto, la dignità del bambino. Ogni bambino, infatti, dal momento del concepimento, della nascita e poi nella crescita come ragazzo o ragazza, diventando adulto, possiede infatti una dignità intangibile che si esprime chiaramente, benché in modo singolare e differenziato, in ogni fase della sua vita. Il bambino ha perciò il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve. Il riconoscimento della dignità della persona umana comporta, inoltre, anche quello della dignità dell’unione coniugale e della procreazione umana in tutte le loro dimensioni. In questa direzione, il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio stesso come destinatario del dono gratuito della vita.[93]

50. La pratica della maternità surrogata viola, nel medesimo tempo, la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi. Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri. Questo contrasta in ogni modo con la dignità fondamentale di ogni essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai come strumento per altro.

L’eutanasia ed il suicidio assistito

51. Esiste un caso particolare di violazione della dignità umana, che è più silenzioso ma che sta guadagnando molto terreno. Presenta la peculiarità di utilizzare un concetto errato di dignità umana per rivolgerlo contro la vita stessa. Tale confusione, molto comune oggi, viene alla luce quando si parla di eutanasia. Ad esempio, le leggi che riconoscono la possibilità dell’eutanasia o del suicidio assistito si designano a volte come “leggi di morte degna” (“death with dignity acts”). È assai diffusa l’idea che l’eutanasia o il suicidio assistito siano coerenti con il rispetto della dignità della persona umana. Davanti a questo fatto, si deve ribadire con forza che la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile, ma può diventare occasione per rinsaldare i vincoli di una mutua appartenenza e per prendere maggiore coscienza della preziosità di ogni persona per l’umanità intera.

52. Certamente la dignità del malato in condizioni critiche o terminali chiede a tutti sforzi adeguati e necessari per alleviare la sua sofferenza tramite opportune cure palliative ed evitando ogni accanimento terapeutico o intervento sproporzionato. Queste cure rispondono al «dovere costante di comprensione dei bisogni del malato: bisogni di assistenza, sollievo dal dolore, bisogni emotivi, affettivi e spirituali».[94] Ma un tale sforzo è del tutto diverso, distinto, anzi contrario alla decisione di eliminare la propria o la vita altrui sotto il peso della sofferenza. La vita umana, anche nella condizione dolente, è portatrice di una dignità che va sempre rispettata, che non può essere perduta ed il cui rispetto rimane incondizionato. Non esistono infatti condizioni mancando le quali la vita umana smette di essere degnamente tale e perciò può essere soppressa: «la vita ha la medesima dignità e lo stesso valore per ciascuno: il rispetto della vita dell’altro è lo stesso che si deve verso la propria esistenza».[95] Aiutare il suicida a togliersi la vita è, pertanto, un’oggettiva offesa contro la dignità della persona che lo chiede, anche se si compisse così un suo desiderio: «dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. Ricordo che va sempre privilegiato il diritto alla cura e alla cura per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non siano mai scartati. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti».[96] Come già accennato, la dignità di ognuno, per quanto debole o sofferente, implica la dignità di tutti.

Lo scarto dei diversamente abili

53. Un criterio per verificare una reale attenzione alla dignità di ogni individuo è, ovviamente, l’assistenza fornita ai più svantaggiati. Il nostro tempo, purtroppo, non si distingue molto per tale cura: in esso va imponendosi, in verità, una cultura dello scarto.[97] Per contrastare tale tendenza, meritevole di speciale attenzione e sollecitudine è la condizione di coloro che si trovano in una situazione di deficit fisico o psichico. Tale condizione di particolare vulnerabilità,[98] così rilevante nei racconti evangelici, interroga universalmente su che cosa significhi essere persona umana, proprio a partire da uno stato di menomazione o di disabilità. La questione dell’imperfezione umana comporta chiari risvolti anche dal punto di vista socio-culturale, dal momento che, in alcune culture, le persone con disabilità talvolta subiscono l’emarginazione, se non l’oppressione, essendo trattate come veri e propri “scarti”. In realtà, ogni essere umano, qualunque sia la condizione di vulnerabilità in cui viene a trovarsi, riceve la sua dignità per il fatto stesso che è voluto e amato da Dio. Per tali motivi, è da favorire il più possibile una inclusione ed una partecipazione attiva alla vita sociale ed ecclesiale di tutti coloro che sono in qualche modo segnati da fragilità o disabilità.[99]

54. In una prospettiva più ampia, si dovrà ricordare che la «carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi, che sta dietro ogni azione compiuta in loro favore. […] “Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla ‘cultura dello scarto’. […] Significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità”. Così certamente si dà vita a un’attività intensa, perché “tutto dev’essere fatto per tutelare la condizione e la dignità della persona umana”».[100]