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Dobbiamo comprendere meglio che cosa significano, in questo contesto, l’intelligenza, la coscienza, l’emotività, l’intenzionalità affettiva e l’autonomia dell’agire morale. I dispositivi artificiali che simulano capacità umane, in realtà, sono privi di qualità umana. Occorre tenerne conto per orientare la regolamentazione del loro impiego, e la ricerca stessa, verso una interazione costruttiva ed equa tra gli esseri umani e le più recenti versioni di macchine. Esse infatti si diffondono nel nostro mondo e trasformano radicalmente lo scenario della nostra esistenza. Se sapremo far valere anche nei fatti questi riferimenti, le straordinarie potenzialità dei nuovi ritrovati potranno irradiare i loro benefici su ogni persona e sull’umanità intera.

Il dibattito in corso fra gli stessi specialisti mostra già i gravi problemi di governabilità degli algoritmi che elaborano enormi quantità di dati. Come anche pongono seri interrogativi etici le tecnologie di manipolazione del corredo genetico e delle funzioni cerebrali. In ogni caso, il tentativo di spiegare il tutto del pensiero, della sensibilità, dello psichismo umano sulla base della somma funzionale delle sue parti fisiche e organiche, non rende conto dell’emergenza dei fenomeni dell’esperienza e della coscienza. Il fenomeno umano eccede il risultato dell’assemblaggio calcolabile dei singoli elementi. Pure in questo ambito, assume nuova profondità e pregnanza l’assioma secondo cui il tutto è superiore alle parti (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 234-237).

Proprio in questa linea della complessità della sinergia di psiche e techne, d’altra parte, ciò che apprendiamo sull’attività cerebrale fornisce nuovi indizi circa il modo di intendere la coscienza (di sé e del mondo) e lo stesso corpo umano: non è possibile prescindere dall’intrecciarsi di molteplici relazioni per una comprensione più profonda della dimensione umana integrale.

Certo, dai dati delle scienze empiriche non possiamo trarre deduzioni metafisiche. Possiamo però trarne indicazioni che istruiscono la riflessione antropologica, anche in teologia, come del resto è sempre avvenuto nella sua storia. Sarebbe infatti decisamente contrario alla nostra più genuina tradizione fissarsi su un apparato concettuale anacronistico, incapace di interloquire adeguatamente con le trasformazioni del concetto di natura e di artificio, di condizionamento e di libertà, di mezzi e di fini, indotte dalla nuova cultura dell’agire, propria dell’era tecnologica. Siamo chiamati a porci sulla via intrapresa con fermezza dal Concilio Vaticano II, che sollecita il rinnovamento delle discipline teologiche e una riflessione critica sul rapporto tra fede cristiana e agire morale (cfr Optatam totius, 16).

Il nostro impegno – anche intellettuale e specialistico – sarà un punto d’onore della nostra partecipazione all’alleanza etica in favore della vita umana. Un progetto che ora, in un contesto in cui dispositivi tecnologici sempre più sofisticati coinvolgono direttamente le qualità umane del corpo e della psiche, diventa urgente condividere con tutti gli uomini e le donne impegnati nella ricerca scientifica e nel lavoro di cura. È un compito arduo, certamente, dato il ritmo incalzante dell’innovazione. L’esempio dei maestri dell’intelligenza credente, che sono entrati con saggezza e audacia nei processi della loro contemporaneità, in vista di una comprensione del patrimonio della fede all’altezza di una ragione degna dell’uomo, ci deve incoraggiare e sostenere.

Vi auguro di continuare lo studio e la ricerca, perché l’opera di promozione e di difesa della vita sia sempre più efficace e feconda. Vi assista la Vergine Madre e vi accompagni la mia benedizione. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.