NCOS4I

Terapia e riabilitazione

84. Alla diagnosi seguono la terapia e la riabilitazione, ossia la messa in atto di quegli interventi che con- sentono, per quanto possibile, la guarigione e la reintegrazione personale e sociale del paziente.
La terapia è atto propriamente medico, diretto a combattere le patologie nelle loro cause, manifestazioni e complicazioni. La riabilitazione, invece, è un complesso di misure mediche, fisioterapiche, psicologiche e di addestramento funzionale, dirette a ripristinare o migliorare l’efficienza psicofisica di soggetti in vario modo menomati nelle loro capacità di integrazione, di relazione e di produzione lavorativa.

Terapia e riabilitazione « hanno di mira non solo il bene e la salute del corpo, ma la persona come tale che, nel corpo, è colpita dal male ».174 Ogni terapia mirante all’integrale benessere della persona comporta l’azione riabilitativa come restituzione dell’individuo a se stesso, per quanto possibile, attraverso la riattivazione e riappropriazione delle funzioni fisiche menomate dalla malattia.

85. All’ammalato sono dovute le cure possibili da cui può trarre un beneficio. 175 Sussiste, infatti, un diritto primario di ogni uomo a quanto è necessario per la cura della propria salute e quindi ad un’adeguata assistenza sanitaria. Di conseguenza, coloro che hanno in cura gli ammalati hanno il dovere di prestare la loro opera con ogni diligenza e di fornire quelle terapie che si riterranno necessarie o utili.176 Non solo quelle miranti alla possibile guarigione, ma anche quelle lenitive del dolore e di sollievo di una condizione inguaribile. Al riguardo, occorre prestare particolare cautela nel ricorso a cure di non documentata validità scientifica.
86. L’operatore sanitario, nell’impossibilità di guarire, non deve mai rinunciare a prendersi cura della persona.177 Egli è tenuto a praticare tutte le cure ordinarie e proporzionate.
Sono da ritenersi proporzionate le cure in cui si dà rapporto di debita proporzione tra i mezzi impiegati e l’efficacia terapeutica. Al fine di verificare tale debita proporzione, si devono « valutare bene i mezzi mettendo a confronto il tipo di terapia, il grado di difficoltà e di rischio che comporta, le spese necessarie e le possibilità di applicazione, con il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali ».178

Sono, invece, da considerare straordinari quei mezzi che impongono un onere (materiale, fisico, morale o economico) gravoso o eccessivo per il paziente, i suoi famigliari, o per l’istituzione sanitaria.179 A maggior ragione, non devono essere proseguite terapie divenute futili.

È moralmente obbligatorio l’uso dei mezzi ordinari per sostenere il paziente. Si può invece rinunciare, con il consenso del paziente o a seguito della sua richiesta, ai mezzi straordinari, anche se tale rinuncia avvicina la morte. Non si può obbligare i medici a porli in essere.180

87. Il principio, qui enunciato, di proporzionalità delle cure può essere così precisato e applicato:

  • « In mancanza di altri rimedi, è lecito ricorrere, con il consenso dell’ammalato, ai mezzi messi a disposizione dalla medicina più avanzata, anche se sono ancora allo stadio sperimentale e non sono esenti da qualche rischio ».
  • « È lecito interrompere l’applicazione di tali mezzi, quando i risultati deludono le speranze riposte in essi », perché non si dà più proporzione tra « l’investimento di strumenti e personale » e « i risultati prevedibili » o perché « le tecniche messe in opera impongono al paziente sofferenze e disagi maggiori dei benefici che se ne possono trarre ».
  • « È sempre lecito accontentarsi dei mezzi normali che la medicina può offrire. Non si può, quindi, imporre a nessuno l’obbligo di ricorrere a un tipo di cura che, per quanto già in uso, tuttavia non è ancora esente da pericoli o è troppo oneroso ». Questo rifiuto « non equivale al suicidio ». Può significare piuttosto « o semplice accettazione della condizione umana, o desiderio di evitare la messa in opera di un dispositivo medico sproporzionato ai risultati che si potrebbero sperare, oppure volontà di non imporre oneri troppo gravi alla famiglia o alla collettività ».181

88. Per ripristinare la salute della persona possono essere necessari, in assenza di altri rimedi, interventi che comportano la modificazione, mutilazione o asportazione di organi.

La manipolazione terapeutica dell’organismo è legittimata qui dal principio di totalità,182 per ciò stesso detto anche di terapeuticità, in virtù del quale « ogni organo particolare è subordinato all’insieme del corpo e deve ad esso sottomettersi in caso di conflitto ».183 Di conseguenza, si ha il diritto di sacrificare un organo particolare, se la conservazione o la funzionalità di questo provocano al tutto organico un danno considerevole, impossibile da evitare altrimenti.184

89. La vita fisica, se da una parte esprime la persona e ne assume il valore, così da non poterne disporre come di una cosa, dall’altra non esaurisce il valore della persona né rappresenta il sommo bene.185 È per questo che si può legittimamente disporre di una parte di essa per il benessere della persona. Così come si può sacrificarla o arrischiarla per un bene superiore, « quale la gloria di Dio, la salvezza delle anime o il servizio dei fratelli »:186 la vita corporea è un bene fondamentale, condizione di tutti gli altri; ma ci sono valori più alti, per i quali potrà essere legittimo o anche necessario esporsi al pericolo di perderla.