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Nella Lettera ai Romani l’apostolo Paolo si pronuncia ancora più ampiamente sul tema di questo «nascere della forza nella debolezza», di questo ritemprarsi spirituale dell’uomo in mezzo alle prove e alle tribolazioni, che è la speciale vocazione di coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo: «Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato»76. Nella sofferenza è come contenuta una particolare chiamata alla virtù, che l’uomo deve esercitare da parte sua. E questa è la virtù della perseveranza nel sopportare ciò che disturba e fa male. L’uomo, così facendo, sprigiona la speranza, che mantiene in lui la convinzione che la sofferenza non prevarrà sopra di lui, non lo priverà della dignità propria dell’uomo unita alla consapevolezza del senso della vita. Ed ecco, questo senso si manifesta insieme con l’opera dell’amore di Dio, che è il dono supremo dello Spirito Santo. Man mano che partecipa a questo amore, l’uomo si ritrova fino in fondo nella sofferenza: ritrova «l’anima», che gli sembrava di aver «perduto»77 a causa della sofferenza.