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In questo modo, con una tale apertura ad ogni umana sofferenza, Cristo ha operato con la propria sofferenza la redenzione del mondo. Infatti, al tempo stesso, questa redenzione, anche se compiuta in tutta la pienezza con la sofferenza di Cristo, vive e si sviluppa a suo modo nella storia dell’uomo. Vive e si sviluppa come corpo di Cristo, che è la Chiesa, ed in questa dimensione ogni umana sofferenza, in forza dell’unione nell’amore con Cristo, completa la sofferenza di Cristo. La completa così come la Chiesa completa l’opera redentrice di Cristo. Il mistero della Chiesa – di quel corpo che completa in sé anche il corpo crocifisso e risorto di Cristo – indica contemporaneamente quello spazio, nel quale le sofferenze umane completano le sofferenze di Cristo. Solo in questo raggio e in questa dimensione della Chiesa-corpo di Cristo, che continuamente si sviluppa nello spazio e nel tempo, si può pensare e parlare di «ciò che manca» ai patimenti di Cristo. L’Apostolo, del resto, lo mette chiaramente in rilievo, quando scrive del completamento di «quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa».