Novità Settembre 26, 2025

Il Papa sceglie il tema per la Giornata del Malato 2026: “La compassione del samaritano”

Per la ricorrenza che si celebrerà l’11 febbraio 2026, Leone XIV vuole mettere al centro la figura evangelica dell’uomo che ci insegna ad “amare portando il dolore dell’altro”. Il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: l’amore ha bisogno di gesti concreti di vicinanza, soprattutto per farsi carico di chi vive la malattia, “spesso in un contesto di fragilità a causa della povertà, dell’isolamento e della solitudine”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“La compassione del samaritano: amare portando il dolore dell’altro”. È questo il tema scelto da Papa Leone XIV per la XXXIV Giornata Mondiale del Malato, che verrà celebrata l’11 febbraio 2026, festa di Nostra Signora di Lourdes. Un tema che, si legge in un comunicato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, “mettendo al centro la figura evangelica del samaritano che manifesta l’amore prendendosi cura dell’uomo sofferente caduto nelle mani dei ladri, vuole sottolineare questo aspetto dell’amore verso il prossimo”. Infatti l’amore “ha bisogno di gesti concreti di vicinanza, con i quali ci si fa carico della sofferenza altrui, soprattutto di coloro che vivono in una situazione di malattia, spesso in un contesto di fragilità a causa della povertà, dell’isolamento e della solitudine”.

Gesù è il “buon samaritano” che si avvicina all’umanità ferita

Anche oggi Gesù Cristo, “buon samaritano”, conclude il comunicato, si avvicina all’umanità ferita per versare, attraverso i sacramenti della Chiesa, “l’olio della consolazione e il vino della speranza”, ispirando così azioni e gesti di aiuto e di vicinanza per coloro che vivono in condizioni di fragilità a causa della malattia. E’ la “rivoluzione dell’amore” invocata da Leone XIV nell’omelia della Messa celebrata il 13 luglio scorso nella parrocchia pontificia di san Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo, dedicata al protagonista di una delle “più belle e suggestive parabole” del Vangelo, che ha “al centro” proprio la compassione.

Guardare “con gli occhi del cuore”

Il mondo che sembra aver messo da parte la misericordia e perso la capacità di farsi “trafiggere il cuore” davanti a chi vive nel dolore, sottolineava il Papa, è rappresentato dallo sguardo di chi, come il sacerdote e il levita che, davanti a un uomo ferito che si trova sul ciglio della strada dopo essere incappato nei briganti, ”lo vide e passò oltre”. Mentre lo sguardo di chi vede “con gli occhi del cuore”, “con un’empatia che ci fa entrare nella situazione dell’altro”, è quello buon samaritano, immagine di Gesù.

Diventare segni della compassione di Dio nel mondo

L’umanità, proseguiva il Pontefice, “ancora oggi, spesso deve fare i conti con l’oscurità del male, con la sofferenza, con la povertà, con l’assurdità della morte”. Dio, però, “ci ha guardati con compassione, ha voluto fare Lui stesso la nostra strada, è disceso in mezzo a noi e, in Gesù, buon samaritano, è venuto a guarire le nostre ferite, versando su di noi l’olio del suo amore e della sua misericordia”. Misericordia e compassione sono le caratteristiche di Dio, sottolineava Papa Leone, e credere in Lui “significa lasciarsi trasformare perché anche noi possiamo avere” un cuore “che si commuove, uno sguardo che vede e non passa oltre, due mani che soccorrono e leniscono ferite, le spalle forti che si prendono il carico di chi è nel bisogno”. Così, “guariti e amati da Cristo, diventiamo anche noi segni del suo amore e della sua compassione nel mondo”.

I gesti concreti che esprimono la cura verso gli altri

Leone XIV ha approfondito i temi della parabola del samaritano anche nella catechesi dell’udienza generale dello scorso 28 maggio, nella quale sottolineava più volte che la compassione, l’amorevole cura verso gli altri, l’attenzione per il prossimo, si esprimono “attraverso gesti concreti”. Il samaritano descritto dall’evangelista Luca, spiegava, si ferma “semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto”. E commentava che “se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare”. E’ quello che fa il samaritano, che “fascia le ferite” dell’uomo moribondo “dopo averle pulite con olio e vino”. Lo porta con sé, “cioè se ne fa carico, perché si aiuta veramente se si è disposti a sentire il peso del dolore dell’altro”, specificava il Pontefice, e poi per lui trova “un albergo dove spende dei soldi”, impegnandosi “a tornare ed eventualmente a pagare ancora, perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura”.

La fretta che ci impedisce di provare compassione

Diverso è il comportamento di coloro che passano oltre, come noi quando le nostre vite frenetiche non ci permettono di essere compassionevoli, e riteniamo di dover dare spazio anzitutto alle nostre occupazioni. “È proprio la fretta così presente nella nostra vita – ricordava Papa Leone – che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per l’altro”. La parabola, concludeva il Papa, esorta ad “interrompere il nostro viaggio” e ad “avere compassione”, e questo potrà accadere “quando avremo capito che quell’uomo ferito lungo la strada rappresenta ognuno di noi” di cui Gesù si è preso cura tante volte.

 

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