«Il Buon Samaritano che lascia il suo cammino per soccorrere l’uomo ammalato è l’immagine di Gesù Cristo che incontra l’uomo bisognoso di salvezza e si prende cura delle sue ferite e del suo
dolore con “l’olio della consolazione e il vino della speranza”» (Samaritanus Bonus). Nella lettera “Samaritanus Bonus” è possibile cogliere nel concetto di “cura” un moto essenziale che dalle ferite del corpo abbraccia l’altro nei suoi bisogni più intimi. Scorgiamo anche la figura di un Gesù medico che fornisce all’atto di cura una valenza non solo cristiana ma ancor prima umana.
È doveroso porsi in ascolto di quanti hanno scelto in forma professionale di prendersi cura dell’altro, ben consapevoli che tale impegno costituisca in sé una chiamata di peculiare dedizione ai bisogni della persona. Questo è ben esplicitato nella “Nuova Carta degli Operatori Sanitari” pubblicata dal dicastero dello “Sviluppo Umano integrale”.
«L’attività degli operatori sanitari è fondamentalmente un servizio alla vita e alla salute, […] ha il valore di servizio alla persona umana, poiché salvaguardare, ricuperare e migliorare la salute fisica, psicologica e spirituale significa servire la vita nella sua totalità». (NCOS Nuova Carta degli Operatori Sanitari 1,2)
Proseguendo il documento definisce le due dimensioni peculiari nelle quali la cura si esplica in ambito sanitario: cura della salute e assistenza socio-sanitaria. Si sottolinea che nessuna istituzione
può effettivamente rispondere al bisogno della persona se non attraverso l’incontro intimo che si manifesta nella relazione di cura. «benché le istituzioni assistenziali siano molto importanti, nessuna può da sola sostituire il cuore umano […] quando si tratta di farsi incontro alla sofferenza dell’altro. La “cura della salute” si svolge nella pratica quotidiana in una relazione interpersonale, contraddistinta dalla fiducia di una persona segnata dalla sofferenza e dalla malattia, la quale ricorre alla scienza e alla coscienza di un operatore sanitario che le va incontro per assisterla e curarla, adottando in tal modo un sincero atteggiamento di “com-passione”, nel senso etimologico del termine» (Ibid. 3).
Nell’istruzione “Dignitas Personae” della Congregazione per la Dottrina della Fede la scienza viene percepita come un ausilio prediletto di questo sforzo umanitario, che mai però deve rinunciare
allo sguardo compassionevole l’unico garante della dignità umana. «Il Magistero intende portare una parola di incoraggiamento e di fiducia nei confronti di una prospettiva culturale che vede la scienza come prezioso servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano» (Dignitas Personae 3).
Lo stile cristiano della cura si manifesta attraverso uno sguardo integrale volto alla cura dell’individuo prima che di un organo danneggiato ; una cura che prende le mosse dalla fragilità di ciascun individuo umano, e da un’esperienza ineludibile come quella della finitezza. In questi termini si esprime la lettera “Samaritanus Bonus”. «L’esperienza della cura medica muove da quella condizione umana, segnata dalla finitezza e dal limite, che è la vulnerabilità. In relazione alla persona, essa si iscrive nella fragilità del nostro essere, insieme “corpo”, materialmente e temporalmente finito, e “anima”, desiderio di infinito e destinazione all’eternità. […] Tale vulnerabilità dà fondamento all’etica del prendersi cura, in particolar modo nell’ambito della medicina, intesa come sollecitudine, premura, compartecipazione e responsabilità verso le donne e gli uomini che ci sono affidati perché bisognosi di assistenza fisica e spirituale» (Samaritanus Bonus).
Ampliando il concetto di cura nella direzione di una presa in carico globale dei bisogni della persona, Giovanni Paolo II nel motu proprio “Dolentium Hominum” ribadisce l’esigenza di nutrire il mondo sanitario e socio-assistenziale di operatori, volontari o professionisti, capaci di uno sguardo orientato al senso del patire nonché alle istanze dell’umana fragilità. Tali operatori sanitari
saranno nei luoghi della cura segni di speranza per i sofferenti. «Si comprende perciò facilmente quale importanza rivesta, nei servizi socio-sanitari, la presenza non solo di pastori di anime, ma anche di operatori, i quali siano guidati da una visione integralmente umana della malattia e sappiano attuare, di conseguenza, un approccio compiutamente umano al malato che soffre. Per il cristiano, la redenzione di Cristo e la sua grazia salvifica raggiungono tutto l'uomo nella sua condizione umana e quindi anche la malattia, la sofferenza e la morte» (DH2).
A cura di Simone Masilla
salvatoresimone.masilla@unicatt.it