Quello «della sofferenza […] è un tema universale che accompagna l’uomo ad ogni grado della longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste con lui nel mondo[…]. Ciò che esprimiamo con la parola “sofferenza” sembra essere particolarmente essenziale alla natura dell’uomo»[1].
Come ascoltato dalla lettera apostolica Salvifici Doloris papa Giovanni Paolo II afferma che la sofferenza umana è segno di una profondità propria dell’uomo che quindi non si limita mai ai patimenti fisici, ma diviene dolore esistenziale e come tale voce di un bisogno altrettanto più radicato: quello della Relazione.
«La sofferenza sembra appartenere alla trascendenza dell’uomo: essa è uno di quei punti, nei quali l’uomo viene in un certo senso “destinato” a superare sé stesso, e viene a ciò chiamato in modo misterioso»[2].
Un aspetto molto importante nell’ambito della palliazione è il controllo dei patimenti fisici, anch’essi nella prospettiva olistica dell’accompagnamento nel tempo del fine vita affinché questo diventi uno spazio per far posto alle domande di senso e ad un vissuto dignitoso dinanzi alla presenza dei propri cari.
Le «cure palliative -sono- destinate a rendere più sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia e ad assicurare al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento umano. In questo contesto sorge, tra gli altri, il problema della liceità del ricorso ai diversi tipi di analgesici e sedativi per sollevare il malato dal dolore, quando ciò comporta il rischio di abbreviargli la vita»[3].
Così lo stesso papa nell’Enciclica Evangelium vitae afferma che anche le cure palliative, in quanto atto umano di cura, sono suscettibili di una buona condotta morale che deve collidere con il bene ultimo della persona.
Qualche decennio prima nel 1957 papa Pio XII in un discorso sulle implicazioni morali dell’analgesia afferma che “Se non esistono altri mezzi e se, nelle date circostanze, ciò non impedisce l’adempimento di altri doveri religiosi e morali”[4] la soppressione del dolore e della coscienza per mezzo dei narcotici è permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente all’avvicinarsi della morte anche laddove l’uso dei narcotici potesse abbreviare la vita. Il fine perseguito in tal caso non implica un atto eutanasico, quanto piuttosto mira ad alleviare i patimenti del morente.
L’eleggibilità del paziente alle cure palliative esprime la necessità di una presa in carico globale capace di garantire all’ammalato uno sguardo non solo sui patimenti fisici, ma anche sulla sofferenza spirituale, fatta di paure, domande e relazioni ferite.
Le «cure palliative, con una risposta assistenziale ai bisogni fisici, psicologici, spirituali tendono a realizzare una “presenza amorevole” intorno al morente e ai suoi familiari. Questa presenza attenta e premurosa infonde fiducia e speranza al morente e lo aiuta a vivere il momento della morte e può consentire ai suoi familiari di accettare la morte del loro congiunto»[5].
La Nuova Carta degli operatori sanitari allarga l’orizzonte del bisogno del malato espresso dalla vicinanza dei suoi cari, ragion per cui la cura del malato nella fase terminale della vita terrena passa per la cura di tutta la famiglia spesso anch’essa schiacciata dal peso dei patimenti.
«Le cosiddette cure palliative sono l’espressione più autentica dell’azione umana e cristiana del prendersi cura, il simbolo tangibile del compassionevole “stare” accanto a chi soffre. Esse hanno come obiettivo -quello- “di alleviare le sofferenze nella fase finale della malattia e di assicurare al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento umano” dignitoso, migliorandone – per quanto possibile – la qualità di vita e il benessere complessivo»[6].
La lettera Samaritanus Bonus della Congregazione per la Dottrina della Fede propone le cure palliative come modello paradigmatico di una pastorale connotata dal porsi accanto alla sofferenza, uno sprone per la comunità curante affinché si faccia prossima nell’ascolto di chi soffre.
[1] Salvifici doloris 2
[2] Ibid.
[3] Evangelium Vitae 65
[4] Pio XII, Allocutio, die 24 febr. 1957: AAS 49 [1957] 147
[5] NCOS 147
[6] Samaritanus Bonus 4