di Antonio Maria Mira
«Tutto è connesso. Se l’essere umano si dichiara autonomo dalla realtà e si costituisce dominatore assoluto, la stessa base della sua esistenza si sgretola, perché “invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura”». È l’insegnamento congiunto di papa Francesco e di san Giovanni Paolo II. A dieci anni dalla pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’ la Chiesa italiana torna a riflettere su “Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”. L’ha fatto ieri a Ferrara nel quarto appuntamento annuale promosso sul tema dalla Cei su iniziativa delle Commissioni episcopali per il Servizio della carità e la Salute, e per i Problemi sociali e del lavoro, la giustizia e la pace, dagli Uffici nazionali per la Pastorale della salute e per i Problemi sociali e del lavoro e dalla Caritas Italiana. Le parole dei vescovi sono un chiaro allarme, rafforzato dal clima di guerra, con espliciti riferimenti al rapporto tra pace e custodia del Creato.
Nel «paradigma tecnocratico soccombe il soggetto del lavoro, la persona, come anche la sua salute, subordinata al profitto, e l’ambiente viene modificato e impoverito delle sue ricche peculiarità », ha avvertito monsignor Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente della Commissione episcopale per i Problemi sociali e del lavoro. Ricordando, ha denunciato, che «se gli scompensi climatici e l’inquinamento colpiscono tutti indistintamente, non tutti hanno accesso a cure preventive e a condizioni di vita dignitose e salubri, e il capitale umano di ogni attività lavorativa, la persona, è il primo a risultarne svalutato». Mentre «la cura della casa comune, ritenuta urgente in tempo di una relativa pace», oggi sembra «sia stata dimenticata o rimandata». E questo vale anche per territori apparentemente sviluppati e “ricchi”, come quello di Ferrara. « Realtà diverse, segnate – ha avvertito l’arcivescovo Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes della Cei – da un intenso lavoro industriale, agricolo e dalla pesca, che apparentemente cresce ma risente dei salari troppo bassi, del lavoro discontinuo, talora segnato da sfruttamento, e di una crisi abitativa». Secondo Perego «non possiamo poi dimenticare» che «il rischio povertà crescente in Italia sta portando giovani, famiglie e anziani alla rinuncia alle cure per motivi economici: un problema che chiede di affrontare strutturalmente il tema dell’accesso alle cure».
Un rapporto sottolineato anche dal ministro della Salute Orazio Schillaci in un videomessaggio. «In questi anni è cresciuta la consapevolezza che la salute sia circolare e che serva una vera e propria conversione culturale, capace di integrare competenze diverse e di affrontare problemi interconnessi. Solo così potremo rendere il nostro sistema sanitario più forte dinanzi alle sfide emergenti e garantire giustizia intergenerazionale ». Concludendo l’incontro, è tornato a evocare il tema della pace, monsignor Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente della Commissione episcopale per il Servizio della carità e la Salute. « La prima tutela per l’ambiente, per la salute e per il lavoro produttivo dell’uomo è la pace. E la tutela dell’ambiente e anche della salute porterebbero tra l’altro ancora più lavoro e più sviluppo tecnologico e scientifico. Il problema che i soldi per le armi e la guerra si trovano sempre, per l’ambiente e per la salute con molta più difficoltà». Invece – è l’allarme di Radaelli – «se non c’è pace l’ambiente è compromesso, e viene spesso letteralmente distrutto. Se non c’è pace non solo la salute ma la vita stessa viene annientata. Se non c’è pace il lavoro diventa solo quello degli eserciti, dei fabbricanti di armi e, in una prospettiva lontana, quello della ricostruzione ». La guerra – ha concluso – è «davvero il contrario della protezione del mondo e di chi ci abita, e non è neppure un depredarlo ma distruggerlo. Per anni».
© RIPRODUZIONE RISERVATA